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Cecchi Paone, la Massoneria e la dignità

di Mauro Cascio
8 Agosto 2024
in Cultura
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Alessandro Cecchi Paone mi sta simpatico. Perché il suo lavoro è questo: la condivisione della conoscenza. E hai detto poco. Un divulgatore. Cioè uno di quelli che ti prende per mano e ti guida, pure se non hai studiato. Come conciliare la democrazia e il sapere, che per sua natura è aristocratico. Solo in vecchiaia si è un po’ rovinato, ha prevalso l’ego probabilmente, non so dire. Tutto gira intorno a lui, e ogni sua convinzione è diventata come i dogmi che voleva combattere. Ce lo siamo trovati persino a difendere a oltranza e contro ogni evidenza la gestione della crisi sanitaria, a fare la suffragette di ogni rigorismo e chiusurismo e a dare dei No Vax a tutti: una sindrome dell’accerchiamento, ma in nome della scienza, quando a tutti è ormai chiaro che studi scientifici dimostrano che la scienza è sempre particolarmente incline ad essere tenera con chi la finanzia.

Che fosse massone era noto, non ci voleva certo l’intervista a Rovazzi per saperlo. Ed è una cosa nobile, perché la Massoneria, al netto dei fumetti che legge Rovazzi e dei teoremi che piacciono ai complottisti veri, è una cosa seria, che ha dato un contributo importante alla storia del nostro paese. Ma nell’intervista che sta diventando un tormentone è Cecchi Paone non Rovazzi e il suo anonimo amico a dare il peggio di sé. Perché che il povero Rovazzi abbia frequentato più social che libri uno lo sa e le sciocchezze se apre bocca se le aspetta. E quindi passi l’idea che in Massoneria si facciano sacrifici umani. Sei Rovazzi, appunto. Quello che uno non si aspetta invece sono le fesserie che in pochi secondi riesce a incasellare Cecchi Paone. Una dopo l’altra, senza nemmeno il tempo di stupirti. La Massoneria è quella di Mazzini e Garibaldi, dice. Insomma. Di nomi se ne potevano fare tanti altri, ma certo, lì è questione di secondi, ti spari nomi ad effetto. Solo che Garibaldi va bene, del Grande Oriente d’Italia è stato addirittura Gran Maestro. Mazzini insomma. Probabilmente no. Non ne ha fatto parte. Forse si è avvicinato in carcere, vai a sapere, i suoi devoti sì ma lui sembra addirittura allergico al simbolismo della sua natura teoretica. Ma non fa nulla, andiamo avanti. Cecchi Paone ci tiene a farci sapere che è un “massone del massimo grado”. Mi scoccia riandarmi a sentire l’intervista, ma mi pare che più o meno questo ha detto. Che lui è un Maestro, anzi addirittura un Maestro Architetto. Ecco l’ego. Deve fare sapere a tutti che lui è un massone grosso così. Peccato non sia vero. La Massoneria cosiddetta azzurra ha tre gradi, vero, e il terzo è quello di Maestro, verissimo. Ma quello di Maestro è un grado che a tutti viene concesso, non s’è quasi mai visto un Apprendista rimasto tale ma tutti gli apprendisti, nel giro di tre anni, diventano maestri, per cui non c’è niente di straordinario nell’essere Maestri massoni. Un Maestro massone può poi decidere se proseguire la sua formazione in uno o più Riti altograduali. Cecchi Paone ha scelto di entrare nel Rito Simbolico (tra i meno diffusi in Italia e assente nel mondo) che ha un solo grado. Scelta rispettabilissima, un’ulteriore crescita senza dubbio, ma il Maestro Architetto si fatica un po’ a vederlo come vertice della piramide, quando ci sono Riti, come il più famoso Rito Scozzese, che di gradi totali ne ha 33, il Memphis Misraim che di gradi ne ha 95. Capisco l’orgoglio, ma freniamo. La stupidaggine più grossa, però, è il cappuccio. «Ci mettiamo il cappuccio per non farci riconoscere», dice Alessandro con la sicurezza da maschio alfa. Le tornate di loggia non sono pubbliche, quindi tutta questa esigenza di non farsi riconoscere in realtà nemmeno c’è. Il cappuccio si indossa solamente una decina di minuti l’anno, cioè nel corso di eventuali cerimonie di iniziazione. È un simbolo. Come tutta la Massoneria. La Massoneria ha contenuti simbolici. Ed è un peccato che uno dei simboli meno importanti, il cappuccio per l’appunto, sia il più famoso, perché solletica un certo gusto complottista.

Questo avresti dovuto dire, Alessandro. Per fare buona informazione e guidare corretta conoscenza. Capisco il clima da avanspettacolo e la cultura da scuola dell’obbligo di chi ti ospitava, ma cogliere l’attimo giusto per mettersi in posa, no, Alessandro, non fa bene. Non è un’offesa all’intelligenza mia, io me ne frego, è un’offesa all’intelligenza tua.

Foto archipendolo medievale, copia moderna funzionante (Istituto Tecnico Buonarroti, 2008) – Museo Michelangelo Caserta | CC BY-SA 4.0

Mauro Cascio

Mauro Cascio si è laureato in Filosofia a La Sapienza di Roma. Ha organizzato numerosi eventi culturali in Italia e all'estero, dalla Biblioteca del Senato al Pembroke College dell'Università di Oxford, attività grazie a cui ha vinto il Premio Nazionale di Filosofia nel 2013. È curatore di numerosi saggi, nonché prolifico autore. Al suo terzultimo libro, «Davanti alla fine del mondo» si è ispirato il cantautore Roberto Kunstler per il suo omonimo lavoro. Ora è in libreria con «Un pozzo di abati e di principi» e con «Il fulmine della soggettività. Attraversamenti hegeliani dall'infinita periferia». È coordinatore di direzione de La Voce Repubblicana

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