L’inizio dell’anno è sempre un periodo di bilanci dell’anno precedente e di progetti per l’anno che comincia e in economia sia gli uni che gli altri sono della massima importanza.
L’ISTAT segnala che dopo quattro mesi di ribassi è tornata a salire la fiducia delle imprese che segna un aumento da 103,51 (aprile 2021) a 107,2.
Riguardo alle imprese l’ISTAT “segnala un miglioramento della fiducia, seppur con intensità diverse, in tutti i comparti ad eccezione della manifattura”.
Anche la fiducia dei consumatori, secondo l’Istituto, è in grande ripresa passando da 103,6 a 106,7. Le dichiarazioni ufficiali parlano di “un diffuso miglioramento delle opinioni dei consumatori soprattutto sulla situazione economica generale e sulla situazione futura”.
Tuttavia l’ISTAT è solo una delle voci da ascoltare in questo periodo e le opinioni espresse da consumatori e imprese ci appaiono ben poco fondate, considerando la situazione economica molto delicata in cui si trova la nostra nazione.
Bankitalia non è fiduciosa quanto l’Istituto Nazionale di Statistica, anzi dipinge un futuro ben meno roseo del presente.
Banca d’Italia infatti ha tagliato le stime sulla crescita per l’anno 2024 in conseguenza di “segnali di una più prolungata debolezza congiunturale”.
La crescita del PIL è rivista al +0,6% contro un +0,8% preventivato ad ottobre.
Poco importa che Via Nazionale veda invece al rialzo le stime per il 2025, perché al 2025 bisogna arrivarci e la strada è lunga e accidentata e i numeri sono legati ai tassi d’interesse e di conseguenza all’inflazione.
A fronte della nota di aggiornamento di Bankitalia, la fiducia di consumatori e imprese dichiarata dall’ISTAT per ora non appare suffragata da elementi sostanziali.
Il mercato, intanto, prevede ben sette tagli dei tassi nell’Eurozona e questo dovrebbe iniziare già a marzo per un taglio complessivo di 165 basis points nel 2024, la FED a settembre e invece la Turchia li ha già aumentati di ulteriori 250 basis points. Il mercato però dimentica che è impossibile prevedere l’andamento dei tassi e l’inflazione, eppure è propri su questi due fattori che cerca di concentrare i suoi movimenti. Ad ogni modo, la sfera di cristallo di alcuni parla di un taglio dei tassi europei a marzo con probabilità del 50-60%, quella di altri parla di ben due tagli dei tassi entro aprile.
Queste attese sono onestamente incomprensibili considerando che Christine Lagarde si è mostrata assai cauta sui dati relativi all’inflazione affermando chiaramente che “c’è una misura dell’inflazione di fondo che sta diminuendo un po’, ma non molto, ed è l’inflazione domestica, determinata in gran parte dai salari. Abbiamo bisogno di capire meglio perché l’inflazione domestica resiste”.
Ad ogni modo vedremo chi ha ragione entro la prima metà dell’anno, quando saranno resi noti i dati ufficiali relativi all’inflazione; intanto ci accontentiamo di leggere le prospettive, sperando non siano numeri al lotto, di Barclays (che la vede al 2,4% nel 2024) e Unicredit (2,3%),
La Cina che era vicina, intanto, appare sempre più lontana, nei primi giorni dell’anno le borse asiatiche hanno già inanellato una serie di ribassi e l’attività industriale cinese ha raggiunto il massimo livello di diminuzione degli ultimi sei mesi, pare invece cresciuto il settore dei servizi per il dodicesimo mese consecutivo. Ristrutturazioni in corso? Considerando che lo stesso Xi Jinping ha ammesso pubblicamente le “imprese hanno avuto dei momenti difficili” e che “le persone hanno trovato lavoro con difficoltà”, certamente il governo cinese cercherà di stimolare ulteriormente l’economia nazionale.
Se aggiungiamo che i fondi esteri hanno acquistato solo 44 miliardi di yuan di azioni cinesi, importi che venivano in passato raccolti in un solo mese, c’è poco da ristrutturare quanto casomai da ripensare.
Cosa ci aspetta davvero per il 2024?
“Ai posteri l’ardua sentenza” scriveva Alessandro Manzoni nella poesia “Il cinque maggio”. La domanda che ci poniamo, a questo punto, è: al 5 maggio come ci arriviamo?