È davvero molto presto per dire quale possa essere lo sviluppo politico dell’Europa del secondo millennio. Stanno emergendo le tendenze discostanti di un periodo di transizione e pure vi sono ancora i fili tesi di una continuità con il secolo passato. La Germania è tornata da poco in mano al partito socialista che pure ha saputo collaborare a lungo con il partito di Angela Merkel, la Grosse Koalition, ed anche il fatto che un presidente della commissione europea, proveniente della Cdu, sia capace di intendersi con il cancelliere della Spd, mantiene questo modello. La Francia invece è come sempre il paese più all’avanguardia dove si sono svuotati socialisti e gaullisti per il fenomeno Macron che rappresenta una specie di campione isolato della democrazia liberale. Il suo limite è che il movimento sembra molto personalizzato tanto da non trovare repliche nel resto del continente e questo è già un problema. Se poi dovesse fallire, potrebbe far precipitare la Francia su una estrema, ad occhio più la destra di Le Pen che la gauche di Mélenchon. Mentre il voto delle amministrative in Spagna che pure ha premiato il partito popolare ed in alcuni casi persino i neofalangisti di Vox, non è detto sia poi niente di diverso da quella ricerca della stabilità politica che un paese tornato alla libertà solo nel 1975, dopo dieci anni con Gonzalez, cerca nella regola dell’alternanza. E anche questo rientra nelle dinamiche tradizionali del paesi occidentali del secolo scorso. Vedremo le elezioni anticipate in Spagna probabilmente a breve. Comunque nessuno si cimenta nel ventilare una qualche minaccia fascista. Se gli spagnoli hanno un qualche buon senso, l’Italia è il solito marasma. L’unico paese europeo che ha dissolto i partiti costituzionali senza riuscire a riscrivere una nuova costituzione, semmai dovrebbe essere l’inverso. I vecchi partiti muoiono dopo aver dato la nuova Carta fondante dello Stato, o almeno abolito la vecchia.
La vittoria della destra ai ballottaggi rientra nella logica di fiducia dell’elettorato nelle forze del nuovo governo appena votato. Il tasso di astensione ancora in aumento persino rispetto al primo turno, indica invece che una parte importante della popolazione non ha maturato una idea tale da esprimersi politicamente. Non ci sono particolari ragioni di trionfalismo quindi. I vincitori consolidano le loro posizioni e anche se fa un certo effetto vedere in Toscana tanti sindaci di destra o di centro destra, come si preferisce, questo anche può semplicemente essere un fenomeno legato all’alternanza, cioè ad un aspetto positivo della vita democratica. Piuttosto la sinistra che ha vinto solo a Vicenza dove il Pd era alleato con i resti del Terzo Polo e la segretaria del partito non ha mai messo piede, qualche domanda è bene che inizi a farsela. La destra in questi mesi sta corteggiando smaccatamente gli evasori fiscali, cosa che non è proprio esemplare. La sinistra invece non sa darsi una qualche proposta sociale quale che sia. Il fatto che discuta di salario minimo è il segno della sua pochezza concettuale. Quando hai un tasso di disoccupazione come quello italiano non c’è salario minimo che possa tenere. Semmai servirebbe una proposta per alzare i salari che significa un piano strategico di riforme, redistribuzione del reddito, investimenti. La sinistra insomma avrebbe dovuto difendere con i denti il governo Draghi e soprattutto avere la determinazione di riproporlo. Al massimo corteggia uno spiritello come Conte. Eppure il governo con Conte il Pd lo ha fatto e gli italiani lo hanno già valutato. Si possono misurare i frutti di quella alleanza dove è stata riproposta proprio in questa occasione elettorale, come a Brindisi.
Il quadro europeo è ancora molto sfocato. Bisogna anche tener presente che l’Inghilterra si è pentita della Brexit e potrebbero esserci sviluppi sorprendenti per non parlare della crisi in Ucraina. In Italia la questione è più semplice. Se la sinistra non riuscirà a darsi una proposta convincente di sviluppo autentico, e resterà a difendere i diritti, sacrosanti per carità, degli omosessuali, con la pubblica assistenza, resterà minoranza e sconfitta. Il che non significa che l’elettorato debba restare necessariamente abbarbicato ad una destra tanto ottusa da parlare di salvaguardia etnica, o quello che è. Il presidente del Consiglio sta facendo un grande sforzo che va apprezzato per sintonizzarsi con l’Unione europea. Bisogna solo vedere se davvero vi riesce. Al momento con l’onorevole Gasparri che invita il commissario Gentiloni ad una facile rima, viene da dubitarne.
Il partito repubblicano italiano per quanto possa essere misconosciuto ha tutte le ragioni per tornare sulla scena. Intanto è vicino agli italiani che non hanno voglia di schierarsi in un bipolarismo oramai esausto. In queste amministrative abbiamo fatto alleanze sulla base della buona amministrazione che hanno avuto successo a Brindisi a Torre del Greco, a Taormina, senza preoccuparci del colore politico quando bisogna riparare le strade o arginare i torrenti. Siamo orgogliosi della scelta di Massa dove gli amici hanno fatto una battaglia di testimonianza significativa. Il partito repubblicano se non si trovasse a dover rispondere alla legge elettorale si presenterebbe volentieri da solo ogni volta come ha sempre fatto con il sistema proporzionale. Vogliamo continuare a crescere dando un contributo importante nelle giunte e nei comuni in cui siamo tornati con i nostri rappresentanti. Poi il Pri è un partito europeista. Cercheremo una strada per tornare a Bruxelles, dove si sente da troppi anni la nostra assenza.
Condivido pienamente la crisi d’identità che sta attraversando il PD ed il fatto che jn Italia i cittadini non hanno nessuna fiducia in questa classe politica. La domanda che ci dobbiamo porre noi repubblicani europeista, atlantici è come dialogare con i cittadini e che progetto di Europa e Italia dobbiamo proporre.
L’enorme disuguaglianza che c’è nel paese deve essere evidenziata e superata con un nostro programma. Sanità pubblica, lavoro, scuola e turismo e quindi ambiente sono fondamentali. Penso che da questi settori che toccano direttamente nel quotidiano i cittadini debbano arrivare risposte concrete. Non ultimo le riforme istituzionali che il governo Meloni ha in calendario siano sostanziali.