Non è poi così impossibile fare un programma culturale a basso costo per la Rai, anche se perdendo la presenza della signora Littizzetto seduta su una scrivania per le telecamere. Almanacco di bellezza, su Classica, condotto da Piero Maranghi e Leonardi Piccinini, offre spunti di un certo interesse. Specializzati in musica classica, gli autori sono pur sempre capaci di consultare qualche libro e pensate la cosa incredibile, leggerne una pagina, anche solo per far sapere che i libri ci sono, si aprono e si leggono, quando alla Rai si vedono intonsi sempre avvolti da una copertina. “Il programma più snob della televisione privata”, secondo Aldo Grasso, su “il Corriere della sera“. Sarà perché Grasso se ne intende, ma rivedete la trasmissione andata in onda il 31 maggio dove Maranghi e Piccinini ricordano Joseph Fouché nato in questa data nel 1759. Un autentico capolavoro solo per la capacità di riesumare brani filmati che l’archivio della Rai dovrebbe pur possedere e più nutritamente, sempre che l’Azienda non abbia ceduto i diritti. Fouché, ma chi caspita sa più chi sia costui. Con tanti Don Abbondio in circolazione ce lo saremo dimenticato. Bene in Rai dovrebbe essere conosciuto invece considerando il successo dello sceneggiato di Edmo Fenoglio I grandi camaleonti, andato in onda per ben otto puntate nel 1964 e che ha fatto fare passarella a quasi tutti i grandi attori di teatro italiani della seconda metà del ‘900. Pensate che dal 1992 ad oggi la Rai produce Un posto al sole, di cui non sapremmo dire se vi sia ingaggiato un solo artista che non sia stata una ragazza coccodé. Fouché del resto fu un eccezionale soggetto commerciale già da quando Stefan Zweig ne scrisse la biografia, sfornando un autentico best seller. Uno dei suoi lettori più entusiasti fu un tale Josep Stalin che secondo Souvarine ne rimase completamente conquistato in una sorta di processo di autoimmedesimazione. Resta il fatto che al Cremlino il libro era uno degli argomenti preferiti, persino il capo della Nkvd, il futuro Kgb, Ezov, con la terza elementare, citava le frasi del convenzionale giacobino.
Sotto uno stretto profilo storiografico Maranghi ha ragione quando lo descrive come il prototipo della polizia politica che ancora non si conosceva, c’era solo la polizia del re che si occupava di tutto. E anche se fu Robespierre ad essere esatti con il suo Ufficio di sorveglianza ad inventare la funzione, Fouchè ne diventerà lo specialista sotto l’Impero. Il tratto più interessante della personalità di Fouché ciò che lo rende ancora attuale e meritevole di interesse ai giorni nostri è un’arte, da qui l’attenzione della trasmissione di Sky, quella della sopravvivenza. Seminarista, rivoluzionario, religioso, feroce ateista, è sua la frase incisa sul cimitero di Lione, “la morte è un sonno eterno”, che tanto indignò Robespierre, hebertista e poi bonapartista, realista, al fine milionario. Il duca d’Otranto le ha passate tutte, persino quella di nascondersi in una soffitta. C’è qualcosa di formidabile ed unico in quest’uomo per cui gli storici si sono sempre chiesti se avesse poi una qualche forma di coscienza, o se semplicemente credesse in qualcosa al di fuori di se stesso.
Maranghi ha tutto sommato ragione quando ci spiega che Fouché si tiene ai margini per svolgere un ruolo decisivo nel momento di crisi. Zweig lo riteneva, probabilmente sopravvalutandolo, l’epicentro del complotto del 9 Termidoro, mentre di sicuro colpì due volte Napoleone alle spalle e tutte due le volte centrando il bersaglio grosso. Bisogna però anche essere giusti nel giudizio, ed il suo tradimento se così si può definire è sempre legato alla capacità di vedere aprirsi scenari futuri. Infatti è un traditore di successo, Murat che pure viene anche considerato tale nei confronti dell’Imperatore a cui deve la moglie ed un regno, non lo è. Murat finisce al muro. Talleyrand se non tradisse fin dal primo momento, per natura diciamo, non sarebbe Talleyrand. Fouché al contrario è uno zelante servitore, talmente immerso e preciso nelle sue funzioni che ad un dato momento coglie il vento avverso e sapientemente si sposta. Come si spiega il fatto che Talleyrand continui la sua carriera sotto la Restaurazione e Fouchè venga congedato? In maniera molto semplice, nonostante le sue qualità Fouché non era nato visconte, era una umile famiglia la sua e soprattutto era regicida. Un po’ troppo se non per il fratello del re ghigliottinato e appena rimesso sul trono, per la sua corte di parrucconi.
Bisogna riconoscere che la Rai fa del suo meglio con la trasmissione di Mieli che pure pecca di un clichè un po ripetitivo. I giovani studiosi, i cattedratici, l’intervistatore, il documentario. Maranghi e Piccinini hanno il pregio dell’inventiva improvvisata due qualità che alla Rai servirebbero eccome, soprattutto di questi tempi. È vero che fior di professionisti come Fazio o Lucia Annunziata, non hanno prezzo e non si sostituiscono facilmente. Magari iniziare a guardare sugli altri canali.