Con il governo beatamente in vacanza, perché mai i suoi esponenti devono mettersi a commentare le suggestioni lanciate da un quotidiano, anche se quello di Sallusti che, avendo scritto un libro con l’ex presidente dell’Anm Palamara, di magistrati se ne intende? Non fosse che nella denuncia delle trame oscure contro il governo, manca l’ipotesi di reato. Davvero una procura della Repubblica pensa di accusare un coordinatore di segreteria politica, come Arianna Meloni, di traffico di influenze per aver partecipato alle riunioni dell’esecutivo sulle nomine? A titolo delle competenze previste dal suo incarico, persino la senatrice Rosy Bindi ha detto che si stupirebbe del contrario, cioè che la segreteria del principale partito di maggioranza non fosse coinvolta sulle nomine del governo. Gli avvocati faranno a gara per difendere Arianna Meloni da una simile strampalata accusa, che comunque ancora non è stata pronunciata.
Detto questo, in quanto cittadina, Arianna Meloni può essere inquisita dalla magistratura per qualsivoglia ragione, il che potrebbe doversi all’eccesso di zelo di un magistrato, come ad un errore, o ad un qualche indizio di reato che va chiarito in sede istruttoria. Non basta spiattellare che una corrente della magistratura voglia farsi opposizione per ritenere che questa monti delle accuse fasulle contro il governo. E se mai fosse così, ovvero che la politicizzazione delle correnti della magistratura mina la stabilità della politica italiana, allora la riforma della Giustizia in itinere non serve. Servirebbe una riforma che impedisca l’associazionismo dei magistrati, che la magistratura diventasse una monade senza porte e senza finestre. Non si tratta più di denunciare un complotto, quanto di mettere in questione l’indipendenza della magistratura. Tanti innocenti sono stati portati a processo e poi assolti. Per cui una volta che circola una qualche notizia di inchiesta, invece di specularci sopra, sarebbe meglio appurare se vi fosse qualcosa di fondato nell’annunciarla e nel caso premunirsi di difendersi. Se invece si ritiene lecito disinteressarsi della difesa, perché appunto la magistratura complotta, allora avrebbero ragione i magistrati a considerare gravissime tutte le dichiarazioni che negano l’imparzialità della magistratura.
Il governo dovrebbe preoccuparsi di non commettere un qualche passo falso contro l’indipendenza dei magistrati più che di denunciare una presunta inchiesta nei confronti di Arianna Meloni. Oppure dire che i magistrati devono essere messi sotto il governo, che almeno sarebbe ancora una tesi. Invece non si può chiedere che i magistrati smentiscano una non notizia, e nemmeno che possano assicurare l’immunità ad un cittadino che un domani potrebbe essere indagato. La maggioranza è scioccata dal caso Toti. Eppure, il caso Toti non c’entrerebbe un bel niente, Toti non è il fratello del governatore della Regione Liguria. Poi si dimentica sempre un principio elementare, quando la magistratura avvia un’inchiesta non è detto che l’indagato sia colpevole, potrebbe essere stato calunniato da un testimone. In ogni caso l’indagato ha il diritto di difendersi, insieme alla presunzione di innocenza. I magistrati non ce l’hanno con la destra, sono trent’anni che indagano partiti e governi e meno male. Questo significa esercitare una funzione di controllo nello Stato. Piuttosto la stampa e la politica non dovrebbe fare il tifo, i deputati leghisti evitare di agitare il cappio in aula e i militanti missini di fare i presidi di solidarietà davanti al palazzo di giustizia o radunarsi a tirare le monetine, come pure fecero quelli del Pds al Rafael. Pensare che il partito socialista negli anni sessanta del secolo scorso era in apprensione per il tintinnio delle sciabole. Fratelli d’Italia lo sembra per quello delle manette. L’idea che il capo del governo farebbe meglio, come misura di salute pubblica, ad invitare i familiari, nonostante i loro ruoli e meriti storici, a non occupare gli ambiti della vita del governo, non viene in mente a nessuno. C’è un cognato ministro.
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