Qualche settimana fa Maurizio Ferrera in un editoriale de il Corriere della sera aveva ricordato la tesi di laurea di Kennedy dove si sosteneva che l’Inghilterra non aveva attaccato la Germania nel 1938 perché una guerra in quel momento sarebbe stata una catastrofe, l’Inghilterra non era pronta. Per la verità anche la guerra nel 1940 fu una catastrofe, basta pensare a Dunkirk, e lo sarebbe stata sino alla battaglia di Inghilterra affrontata comunque in condizioni numericamente disperate. È sicuro invece che chi fosse pronta a disperdere la Germania nazista davanti all’invasione della Renania del 1936 era la Francia. In quel momento visto la preparazione dell’esercito tedesco, uno squadrone di cavalleria sarebbe bastato per far cadere il nuovo governo e soffocare immediatamente il Terzo Reich. La Francia non si mosse e Leon Blum invitò Goebbels a bere un tè a palazzo. E a dir il vero anche in occasione dell’ingresso delle truppe tedesche a Praga, la Francia avrebbe avuto un corridoio libero da ostacoli dritto fino a Berlino che se percorso avrebbe fatto cadere il regime nazista in tre ore. Il motivo per il quale né l’Inghilterra, nè la Francia mossero un dito in tutti quegli anni contro Hitler non fu dettato dallo stato di preparazione bellica delle due principali vincitrici del primo conflitto e nemmeno da un sonno profondo da cui dovettero svegliarsi bruscamente. Hitler occupava o liberava, nel caso della Renania, paesi e zone in cui la forte presenza della popolazione tedesca ambiva ad un ricongiungimento con la madre patria. A Vienna come a Maribor, ovviamente nella Renania francesizzata, l’esercito tedesco non sparò un colpo di fucile, e venne accolto dal delirio entusiasta della folla. Come potevano la Francia e l’Inghilterra, paesi democratici, non riconoscere il consenso popolare a cui andava incontro il dittatore nazista? E per quali ragioni dover far guerra ad un tale consenso. Infatti, il Times di Londra spedì, invece che un battaglione, il suo corrispondente per intervistare il signor Hitler alla Cancelleria di Berlino e quello alla domanda se non si vergognasse di essere un dittatore, sorrise gelidamente. “Io sono più democratico della vostra regina, incontro ogni giorno ovunque decine di migliaia di persone e ne vengo acclamato”. Era vero e l’acclamazione spontanea. Le truppe naziste vennero persino acclamate a Danzica perché parte del corridoio per la Polonia aveva stanziata una folta popolazione tedesca, il Corriere della Sera proprio ieri ha riprodotto il formidabile reportage di guerra di Indro Montanelli. Non fosse che per la prima volta i nazisti incontrarono una strenua resistenza, insieme agli applausi. Esisteva un esercito polacco che si era mobilitato e che difendeva le sue prerogative territoriali. Tanto fu sofficiente ad interrompere il sonno anglo francese e pazienza per i tedeschi polacchi.
È evidente dall’azione militare russa in Ucraina, che anche se c’è, ovviamente, una popolazione russofona, questa ha qualche problema ad accogliere Putin come un liberatore, per la semplice ragione che quello ancora non è arrivato e ha già lasciato macerie su macerie. Su duecentomila abitanti di Mariupol settemila hanno avuto il passaporto russo e a festeggiare la parata dopo la presa della Azovstal, c’erano più bandiere che persone. Tutto il mondo vede con i suoi occhi che nessun ucraino aspetta Putin con ansia fuori dal Luhansk e per la verità nemmeno in tutta quella disgraziata Regione. Tanto è vero che l’esercito russo continua a bombardare indiscriminatamente e dalla distanza tutto quello che riesce a colpire, in genere abitazioni civili. Cosa aspetta l’Europa democratica a reagire a questa guerra di sterminio nell’unica maniera in cui pure sarebbe doveroso reagire? Speriamo di non dover dormire fino a quando non ci accorgeremo che Putin ha fatto esplodere la prima atomica sul continente, perché causa la nostra sonnolenza, poco tempo ci manca.
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