Tutte le chiacchiere che sono state fatte sul caso di Genova sono solamente buone per la propaganda elettorale. C’è un’ inchiesta, ci sarà un processo e quindi non c’è nessuna ragione di esprimersi anticipatamente su una sentenza che probabilmente richiederà tre gradi di giudizio. Due soli aspetti di questa vicenda possono apparire anomali. Il primo, che il presidente Toti possa pensare nella situazione in cui si trova di non dimettersi dal suo incarico, mettendo in questo modo a rischio la credibilità della Regione ed il pieno funzionamento della stessa. Il secondo che ancora non si comprende la ragione dell’arresto dopo almeno 4 anni di indagini. Dal momento che non si era fermato il presidente e gli indagati dal primo o dal secondo momento, perché non rimettersi ad un semplice avviso di garanzia? Quale pericolo mai rappresentano dal momento che da tempo tutti i soggetti sapevano di essere indagati?
Sotto il profilo politico vi sarebbe invece da considerare un aspetto più delicato che concerne principalmente i sostenitori della riforma del premierato. L’Italia subì un autentico terremoto nel 1994 per un presidente del consiglio indicato dal Parlamento finito sotto inchiesta delle procure, cosa che non avvenne nemmeno al tempo di Mani Pulite. Figurarsi cosa mai potrebbe accadere con un premier eletto direttamente dal popolo, sottoposto ad una richiesta di arresto presentata alle Camere. Concentrare il potere popolare nel Parlamento consente una certa libertà nei confronti del presidente del consiglio che con il premierato si perderebbe interamente. Basterebbe uno sciagurato caso di questo genere per metterlo in chiaro. Gli italiani scelgono un premier direttamente nelle urne e tempo un mese, i magistrati ne chiedono l’arresto. Cosa succede? Se non sente il dovere di dimettersi il presidente Toti, figurarsi quale potrebbe essere il sentimento di un premier investito dall’intero popolo nazionale. Forte di un tale consenso, il premier potrebbe persino scagliarsi contro la procura, e disporrebbe di una qualche ragione dal momento che, In fin dei conti. lo diceva Mirabeau dai banchi del Maneggio tre secoli fa, anche la Giustizia dipende dalla sovranità popolare. In parole povere l’Italia, con la riforma del premierato. si avvierebbe al tracollo istituzionale senza una corrispondente riforma della Giustizia, o per lo meno, il ristabilire l’articolo ’68 nella sua integrità originaria sui rapporti politica magistratura.
La Repubblica parlamentare, presenta sicuramente dei difetti, la tempistica decisionale è per lo meno perfettibile. In compenso offre degli strumenti tecnici per impedire il collasso istituzionale, esattamente ciò che la proposta di premierato sembra non comprendere. La possibilità di un presidente del Consiglio terzo rispetto agli schieramenti va sempre salvaguardata e per ogni momento della legislatura. Perché certo, se il voto popolare è il sale della vita democratica, non si può portare ogni momento il paese alle elezioni. La Repubblica parlamentare, attraverso l’istituto del Capo dello Stato, si riserva della funzione dello scioglimento delle Camere, offrendo dunque una garanzia profonda in merito, che sarebbe completamente persa con il premierato proposto dall’attuale governo. E qui non si tratterebbe nemmeno di farsene una ragione od un torto, questioni che farebbero pur sempre parte di una capacità di riflessione profonda sulla proposta. Si tratterebbe invece di cominciare a valutare le conseguenze, cosa che proprio ancora non si è fatta.
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