C’è un modo sicuro di non capire la situazione in Francia, quello di coltivare la soddisfazione di una parte del governo italiano come rivalsa alle critiche mosse sulle nostre politiche migratorie, oppure, vagheggiare con uno statista quale Conte l’implosione sociale a minaccia intimidatoria. Non c’è nessun rapporto fra la rivolta delle banlieue francesi ed il problema migratorio. Ce n’è uno con la realtà post coloniale dell’Impero. Mentre per la questione sociale le banlieue in Francia esistono dagli anni ’60 del secolo scorso e presentano problemi di ordine pubblico di diversa intensità costanti negli anni. Poi è impossibile l’ampliamento di una simile protesta oltre la comunità mussulmana, ovvero il dieci per cento della popolazione. Perché la rivolta diventi una rivoluzione, siamo prossimi al 14 luglio, servirebbe almeno una saldatura fra gli emarginati di origine magrebina, i pensionati e gli operai cristiani ed ancora non ci saremmo numericamente. Manca la borghesia laica, l’unica classe ad aver fatto una rivoluzione oltralpe. Infine dei capi, provenienti dai diversi ambienti in fermento, capaci di darsi una linea di accordo di massima, per lo meno provvisoria, cosa che trova un impedimento nell’identità politica religiosa di una massa tanto disomogenea. Le Pen e Melenchon potrebbero anche raggiungere un’intesa, in fondo vi riuscirono Hitler e Stalin, per cui in teoria nulla osta. Invece è da escludere che la estendano agli imam che hanno soffiato sul fuoco in questi giorni. Un aspetto questo assente dalle analisi nostrane. Nella lotta all’estremismo islamico la polizia ha ucciso giovani mussulmani presumibilmente estranei alle varie faide. Solo questa volta si è scatenato un simile putiferio, ovvero dopo il processo di costituzionalizzazione della religione islamica avviato da Macron nel 2020. Il modello repubblicano è lo stesso seguito per la costituzionalizzazione del clero nel 1790. Allora si ebbe la Vandea, adesso le banlieue in fiamme, con la particolarità, va ricordato, che la religione cattolica e la Chiesa francese contavano su un radicamento che oggi la comunità islamica nemmeno si sogna. Questo lo si capisce facilmente dalla raccolta dei fondi, dove quelli per la parte offesa, sono sovrastati da quelli offerti all’offensore.
Tutto questo non significa che Macron possa dormire sonni tranquilli, al contrario. È il momento in cui il governo francese deve saper dimostrare di non concedere nulla agli imam refrattari ed ai loro seguaci violenti, già abbiamo le bande dell’estrema destra in piazza, e nello stesso tempo fare giustizia. Questione davvero delicata, visto i precedenti, dove il rigore nei confronti degli agenti andati fuori riga, è mancato. Non vi sono ancora elementi sufficienti di inchiesta, sembra che il poliziotto abbia sparato sul giovane senza movente. Se questa versione venisse confermata in sede processuale, nessuna indulgenza, pur sapendo della delusione delle forze dell’ordine, che a torto o a ragione, mai amano veder messo in discussione il loro operato. La Francia fu capace di punire i suoi generali vittoriosi, magari perché non erano caduti sotto le cannonate nemiche. Senza voler ripercorrere simili fasti, a momenti quella Francia mandava al patibolo persino un valoroso ed un genio militare come Hoche, meglio tenere presente le responsabilità verso la nazione di chi è chiamato a difenderla.
I giudici in Francia sono molto più legati all’esecutivo di quanto lo siano da noi, un’ altra eredità della Rivoluzione. Il desiderio di giustificare i torti e gli eccessi da parte dei magistrati, questo sì che potrebbe diventare fatale per la credibilità del governo e la tenuta del suo Presidente.
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