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I nuovi confini della Russia sono già stati violati

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
4 Ottobre 2022
in L'editoriale
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Chi blatera di iniziative di pace nei confronti di Putin non ha idea che non può essere l’Unione europea a promuoverle, ci ha provato dal primo momento ed ha fallito, ma la sola chiesa cattolica, esattamente come fece Giovanni XXIII in occasione della crisi dei missili a Cuba. Se l’attuale pontefice non ha fatto nulla a riguardo, anzi la chiesa cattolica da un atteggiamento neutrale è passata a parteggiare per l’Ucraina, dipende dal ruolo della chiesa ortodossa. All’epoca del pontificato di Giovanni XXIII quella era all’opposizione del regime, quando l’attuale invoca la guerra santa. Di conseguenza Crusciov non ebbe solo davanti a sé la superiorità bellica americana che senza basi a Cuba non avrebbe intaccato, ma anche la collera divina pronta a scuotere le coscienze dei fedeli nel mondo. Troppo da sfidare per un passionale come lui. Putin è invece sostenuto da uno squilibrato come Kirill, il patriarca della chiesa ortodossa in Russia. Per cui non basta ancora nemmeno la superiorità militare occidentale a dissuaderne i propositi.

Dal tempo della guerra dei 7 anni, 1756, conosciamo l’esercito russo come il più disorganizzato al mondo, insubordinato e soprattutto, mal comandato. In compenso il valore dei suoi soldati e lo spirito di combattimento erano tali, da destare l’ammirazione di qualunque avversario. Per questo colpisce una ritirata in Ucraina, che appare una fuga belle e buona di chi non aspettasse altro. Anche se fosse possibile che con l’astuzia di un Kutuzov i generali di Putin abbiano davvero deciso di compiere un riposizionamento così rocambolesco al fine di illudere il nemico e renderlo incauto, questa non è più una guerra di armate a cavallo. Le immagini dell’abbandono di Lyman, uno snodo strategico sulla cartina topografica, hanno avuto un effetto devastante sull’opinione pubblica russa. Per la prima volta le critiche sono divenute tali nei confronti del Cremlino che i programmi televisivi hanno dovuto oscurare i collegamenti. Anche il mostrare lo spiegamento di armi atomiche in movimento non è proprio una grande idea, perché se l’esercito russo non sa vincere una guerra convenzionale in Ucraina, come può pensare di vincerne una nucleare contro la Nato?

Lo stato dell’avanzata ucraina è tale che i confini dei territori annessi sono già stati violati. L’attacco al suolo russo è in corso. Gli ucraini continueranno a venire avanti fino alla Crimea, cosa aspetta  Putin ad usare l’arma atomica?

Questo è un altro dilemma non di poco conto, contro chi dovrebbe scagliarla l’atomica Putin. Contro gli Usa? La Gran Bretagna? Le basi in Polonia? Quelle in Germania? In Italia? Perché a nulla gli servirebbe colpire  la contadina ucraina, mai volesse avere una qualche speranza di non venir incenerito lui in un nano secondo. Guardate le distanze e i bersagli, non c’è bisogno di aver fatto la scuola di guerra per capire lo scenario atomico che si aprirebbe.

Chi conosce Putin da vicino come il suo ghostwriter Abbas Gallyamov, in una intervista alla Bbc ha detto che quello non è in contrasto con l’Ucraina, piuttosto che con l’Occidente. Lo è con la realtà in quanto tale. Putin credeva che appena entrato in Ucraina Zelensky sarebbe fuggito e tutti si sarebbero prostrati ai suoi piedi. Un tipo capace di simili abbagli potrebbe anche ricorrere all’arma atomica, bisogna solo capire se i suoi generali se la sentono di seguirlo fino in fondo. I suoi soldati non lo sembrano proprio. Una guerra atomica, per strappare un lembo di terra del Donbass, è davvero difficile da fare anche per un pazzo.

Tags: KirillPutin
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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