C’è stato un buco clamoroso nella strategia militare russa fin dal primo giorno dell’invasione. L’Unione sovietica entrò in Cecoslovacchia, nell’agosto del 1968 con 250 mila uomini portandoli entro una settimana a 500 mila e la Cecoslovacchia non aveva rapporti con la Nato. Il governo Dubcek era per liberalizzare l’economia e la politica interna ma intendeva restare nel patto di Varsavia. Cinquantaquattro anni dopo Putin ha attaccato un paese grande 4 volte la Cecoslovacchia e con una popolazione tripla con soli duecentomila uomini. Se i comandi militari li ritenevano sufficienti, o come ha detto ancora il generale Shoigu, che i russi hanno perso seimila effettivi contro centomila ucraini, i russi dovrebbero essere già a Leopoli a stappare schnapps. Invece sono trincerati nel Donbass dopo essere stati ricacciati per sessantamila chilometri quadrati.
La famosa offensiva a raggiera su vasta scala che doveva portarli a Kiev e a sbarcare ad Odessa è stata respinta praticamente in dieci giorni. Ora che il fronte è crollato, Putin ha chiesto la mobilitazione parziale dell’esercito, il che significa che i duecentomila uomini impegnati non disponevano delle sufficienti riserve e che occorre richiamare una leva militare fuori servizio. Trentamila rubli, 450 euro al mese per andare a difendere le macerie di Mariupol. A Mosca e in altre 13 città è scattata la protesta con la gente che grida Putin vacci te in trincea. 1300 arresti in un giorno. Gli aeroporti sono stati presi d’assalto, il confine con la Finlandia ha visto una coda di 35 mila automobili. È scattata la mobilitazione totale per la fuga di tutti coloro che possono permetterselo.
I militari russi che hanno una qualche visione realistica della situazione, la stessa anticipata in diretta tv dal capo dei servizi segreti di Putin prima dell’invasione, hanno sostenuto anche pubblicamente che la Russia non è in grado di combattere una guerra contro l’arsenale Nato, per la stessa ragione per cui l’Unione sovietica non era in grado di combatterla. E come ha risposto Putin davanti al disastro delle ritirata delle sue truppe inseguite dagli elettricisti ucraini? Ha rilanciato la minaccia nucleare. Un paese che aveva iniziato un’operazione speciale per denazificare l’Ucraina da concludere in pochi giorni è precipitato sull’abisso della guerra atomica.
Una Russia che non è in grado di vincere una guerra convenzionale con uno Stato costituitosi da trent’anni affatto privo di tradizione militare, può vincere una guerra atomica contro i 27 paesi della Nato? Se mai fosse stata in grado di riuscirvi ci sarebbe ancora l’Unione sovietica che per lo meno aveva una competenza militare superiore a quella di Putin, oltre che disporre di basi in Germania est.
Putin ha giocato piuttosto male l’ultima carta che gli è rimasta in mano, quella della disperazione. E qui da noi abbiamo subito la pletora dei suoi reggi coda che abboccano a qualunque sciocchezza provenga da Mosca. Dobbiamo finire la guerra, dobbiamo predisporre una strategia di pace, dobbiamo smettere subito di inviare le armi perché il gioco è troppo pericoloso. Vero, un topo in trappola lo diventa. Ma resta sempre un topo.