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Il dilemma conservatore

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
6 Luglio 2023
in L'editoriale
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Il simbolo dei conservatori europei accompagna, incredibile a leggersi, la scritta “conservatori”, a quella “riformisti”. E meno male che per l’onorevole Meloni questo raggruppamento, come ha dichiarato, sarebbe davvero dotato di senso della realtà. Se si cerca negli ultimi due secoli un conservatore che fosse anche riformista, viene in mente il solo Stolypin, primo ministro dello Zar. Visto che venne assassinato nel 1911 non proprio un esempio di successo. Sotto un profilo strettamente storico è difficile immaginare un continente più conservatore dell’Europa. Combattuta una rivoluzione per più di vent’anni, l’Europa impose una restaurazione per altri trenta. Dopodiché le potenze imperiali superarono i moti liberali con l’epopea coloniale e per paura di una rivoluzione scoppiata nel paese di Stolypin, pensarono bene di affidarsi al fascismo e passarono ancora vent’anni. Alla fine dei quali quello che rimase dell’Europa aveva ben poco da conservare. Se c’è un paese che in assoluto non ha poi davvero niente da conservare, quello è la Polonia, conteso è annichilito come è stato per due interi secoli. L’unica ragione per la quale si può pensare che si faccia governare da una forza che si definisce conservatrice è perché tale nome si oppone immediatamente al socialismo sovietico, che i polacchi hanno patito più a lungo del nazismo tedesco.È vero invece che si sono ritrovati nei principi della Chiesa cattolica come unica loro speranza in tutto questo percorso. I polacchi sono un popolo passionale, amano la Chiesa come amarono Bonaparte. La cosa più facile da credere è che debbano trovare un loro equilibrio.

Se c’è invece qualcuno che proprio non dovrebbe essere conservatore è il capo di un partito nato nel 2012, che ha vivacchiato dieci anni al 4 per cento per ritrovarsi improvvisamente al trenta. Una simile forza politica dovrebbe porsi all’avanguardia dell’Europa e non cercare di resuscitarne, non si capisce bene, quali vetusti valori. C’è il rischio che ad un dato momento, qualche conservatore possa chiedere alle donne di restare a casa. Tanto che il partito dell’onorevole Meloni è all’avanguardia, come la Polonia del resto nella lotta al sovranismo russo in difesa dell’indipendenza ucraina. Un partito conservatore dovrebbe preoccuparsi dei fatti suoi. Un eco in questo senso lo si coglie nelle parole dell’onorevole Meloni quando dice di apprezzare quanto fanno i paesi che difendono il loro interesse nazionale. Allora dovrebbe anche comprendere che la difesa dell’Ucraina che accomuna Italia e Polonia, non è questione di interesse nazionale, ma proprio di interesse europeo e delle democrazie occidentali che nel complesso, non sono conservatrici. Messa da parte l’Inghilterra, che fa sempre caso a se, America, Francia, Spagna, Germania sono governate da forze progressiste. Può anche darsi che domani i conservatori ribaltino il tavolo, ma a guardare il quadro geopolitico non sembra proprio una cosa facile, perché i principali avversari dei progressisti, in Europa, per lo meno, sono ancora i popolari. L’onorevole Meloni forse vorrebbe allearsi con loro, ma il presidente polacco, non può. Sono popolari i suoi rivali nazionali.

Più pesante della contraddizione conservatrice vige quella sovranista. Il sovranismo infatti non consente di comporre le diversità nazionali, perché come è evidente proprio dall’incontro fra il governo italiano e quello polacco, gli interessi reciproci non coincidono. Basta la questione migratoria a dimostrarlo. Sarà pure che sia a Varsavia, che a Roma si voglia fermare gli sbarchi. La difficoltà è solo di decidere come farlo. Trovassero anche solo un’intesa su questo, conservatori polacchi ed italiani sarebbero per lo meno credibili. Per il momento non lo sono affatto.

galleria della presidenza del Consiglio dei Ministri

Tags: conservatorisovranisti
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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