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Il lato debole della controffensiva ucraina

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
25 Settembre 2023
in L'editoriale
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Senza un collasso dell’esercito russo, cosa che può sempre verificarsi, tale lo stato di quell’armata, o una crisi di governo a Mosca, che invece è già stata scongiurata, gli sviluppi della controffensiva ucraina, rischiano di essere comunque insignificanti per le sorti del conflitto. Putin ha dimostrato a contrario di Kadyrov, una salute di ferro e quali che siano i chilometri o le casupole riconquistate dall’esercito di Kyiv, gli equilibri politici del Cremlino sono assicurati da una cinta che nemmeno Stalin era stato capace di stringersi alla vita. Quello che oggi Zelensky è riuscito a riprendere, domani potrebbe essere nuovamente perso. Il presidente ucraino, mai avesse un dubbio sugli aiuti dell’occidente alla sua causa, farebbe bene a conservare armi e munizioni, oltre che gli uomini. Tutto potrebbe essergli indispensabile in un secondo tempo. La strategia russa è completamente mutata rispetto all’offensiva fallimentare tentata per oltre un anno. Dopo improvvide e disastrose avanzate, la Russia si è limitata a consolidare le posizioni ottenute, nell’unica maniera congeniale, la pulizia linguistica. L’etnia fra russi è ucraini, è la stessa.

Senza navi, senza aerei, con i soli droni e una quantità di carri comunque bloccata dai terreni minati, sulle batterie missilistiche vai a sapere esattamente come stanno le cose, Zelensky avrebbe bisogno di almeno 800 mila uomini. Altrimenti può giusto contenere l’armata russa in una posizione difensiva, farla arretrare anche, ma non sgomberare. Il vero punto di forza di cui dispone Putin a sostegno della sua arroganza è che il mondo occidentale non ha mai distinto gli ucraini dai russi prima della fine del secolo scorso, esattamente come non ha mai distinto dai russi i georgiani, o gli azeri, o i siberiani. L’occidente appena sa che esiste un Nagorno Karabakh o una Ossezia e conosce poco più gli armeni, come i curdi, non fosse che ha privilegiato loro, le relazioni con la Turchia per ragioni di rapporti di forza. Lo stesso avvenne con l’Ucraina nel 1917. Il Kaiser non mantenne i suoi impegni verso l’Etmano, per non parlare di quando i nazisti entrarono in Ucraina nel 1941. Le SS risero dell’anticomunismo filo tedesco di parte di quella popolazione. Se è vero che ci furono ucraini simpatizzanti dei nazisti, è altrettanto vero che i nazisti non riconobbero loro mai un qualche stato se non quello di servitori. Putin non ha nemmeno immaginato che il mondo occidentale fosse disposto a combattere per l’indipendenza dell’Ucraina e tutto sommato ancora ne è stupito. Fallita la guerra lampo dell’anno scorso è convinto che gli basti aspettare che l’occidente si stufi del suo nuovo giocattolo.

Nei rapporti russi ucraini c’è una sola differenza con il ‘900, l’emancipazione alimentare. L’unico grande successo raggiunto dalla Russia di Putin è stato quello dell’indipendenza agricola che la Russia sovietica non era mai stata capace di realizzare, da qui l’esigenza di saccheggiare l’Ucraina. Grazie principalmente alla tecnologia statunitense, nel nuovo millennio la Russia è in grado di competere positivamente con l’Ucraina nell’agricoltura e di sovrastarla. Per quale ragione allora Putin vuole l’Ucraina? Per una mera affermazione di potenza, non per la sopravvivenza ed è questo cambiamento che preoccupa davvero le capitali occidentali, molto più che le sorti dell’Ucraina, ovvero l’idea che il regime russo si riproponga competitivamente sullo scenario internazionale nonostante la sconfitta nella guerra fredda, nonostante nessuno lo minacci. Quando Putin dice che qualunque amministrazione americana sosterrà l’Ucraina, si rende conto di come gli Stati Uniti abbiano colto il punto vero della vicenda e lo stesso ha fatto l’Inghilterra che è gelida con la Russia da dopo il 1815 ininterrottamente e si può anche dire con qualche ragione. Francia e Germania sono più possibiliste. In Italia esiste persino la vocazione neutralista che hanno perso Finlandia e Svezia e ci sono quelli che sarebbero felici se la Russia ci annettesse direttamente, quelli delle magliette “i love Putin”. Poi c’è la Polonia che odia i russi e li vuole morti, ma ha sempre considerato gli ucraini appunto come russi.

Il limite politico di Zelensky è di non comprendere questa complessità internazionale, tale per la quale, l’Ucraina potrebbe diventare facilmente solo una merce di scambio o per lo meno essere considerata tale. E’ vero che vi è in occidente una componente politica consapevole del significato storico dell’espansionismo russo, il bolscevismo l’aveva ancora limitato. Per questa la Russia è fondata su un concetto di espansione contenibile solo a cannonate. Ciononostante, vi sono sempre coloro convinti di poter saziare il formidabile appetito di Mosca con qualche boccone. Il presidente ucraino dovrebbe misurare meglio il suo potenziale effettivo, evitando di ritrovarsi troppo a portata delle mascelle del suo avversario. In certi momenti sembra quasi che voglia finirgli dritto in bocca.

foto di Myhaylyk

Tags: controffensivaZelensky
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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