Premesso che quando in occidente Tucidide scriveva le guerre del Peloponneso, in quella che sarà un giorno lontano la Russia, vivevano solo popoli nomadi in possesso di una tradizione orale e quando a Roma si confrontavano Tacito e Tito Livio, nelle steppe scorrazzavano gli unni con gli avari, la Russia è l’unico paese in cui si conoscono solo storici della letteratura e delle arti. Ne hanno di meravigliosi come il Mirsky che pure morì comunque in un gulag nel 1940. Che vi sia stata una qualche storiografia più generale lo si sa grazie al conte Tolstoj che la disprezza in “Guerra e pace”. Tolstoj a differenza dei parrucconi vissuti alla corte zarista e che scrivono solo la storia che piace ascoltare allo Zar, ha viaggiato in occidente, ha letto Goethe e amato Rousseau, e guarda alla sua cultura con gli occhi dei suoi maestri. Il motivo principale per cui in Russia non sono fioriti storici rilevanti è semplice. La storia presuppone una verifica degli accadimenti reali, cosa che al governo zarista, come a quelli assolutisti in generale non interessa minimamente. Per cui i russi potrebbero essere ancora convinti, come alla loro epoca, di non aver perso la battaglia di Austerlitz, perché festeggiavano Bagration che aveva catturato Murat. Il conte Tolstoj fu il primo russo di successo a raccontare la disfatta di Austerlitz e per prudenza lo fece in un romanzo. Se però si tratta di analizzare Borodinò, anche il grande Tolstoj inciampa, si contraddice, perdendosi in un completo guazzabuglio. La storia per i russi è un’ipotesi sbagliata. Solo la religione è una scienza dimostrabile e questo fino al 1929.
Nel 1929 è datata la prima grande opera storica in lingua russa, guarda caso scritta da un ucraino, tale Leo Trotzkij. La storia della Rivoluzione russa di Trotskj è un’opera formidabile che spazza via tre interi secoli di conformismo parruccone. Oltre che essere uno dei principali dirigenti bolscevichi, esiliato a lungo tra Capri e Zurigo, Trotskij sarà anche il capo dell’armata rossa durante la guerra civile, uno dei principali collaboratori di Lenin. Non che la sua opera non abbia dei difetti, è tipicamente dottrinaria, ma in un paese che non possiede un solo testo storico rilevante è un gran bell’inizio. Purtroppo, la principale preoccupazione del governo sovietico sarà quella di evitare che l’opera di Trotskij venga mai diffusa. Una particolarità che si registra anche nel partito comunista italiano. Ancora negli anni ’70 del secolo scorso gli iscritti al Pci erano tenuti a non leggere i testi di Trotskij, quali che fossero e negli anni ’30, i dirigenti dovevano dare l’esempio. Gramsci lesse La storia della rivoluzione russa di Trotsky in carcere. Mussolini in persona finalmente gliela fece recapitare. Per avere un’opera di storia degna dell’Unione sovietica scritta da un russo dovremo aspettare gli anni ’90 del secolo scorso e la si deve a Mihael Geller che nato nel 1920 è scappato a Londra con la famiglia da bimbo. Insieme a lui lavora Aleksander Nekric che rimase in Russia fino al 1976. Nekric legato a Crusciov, scappò poi appena fosse possibile e si incontrò con Geller. La loro storia dell’Unione sovietica è un testo formidabile, soprattutto se paragonato a quelli apologetici precedenti che spiegano le magnifiche sorti del proletariato sotto la guida ferma del compagno Stalin.
Non sorprende quindi che quando i dirigenti russi di oggi parlino di storia dicano castronerie senza senso. La più bella quella del conduttore televisivo Solovijev che ha chiamato gli italiani “bastardi”. Si sono dimenticati di quando baciavano le mani a Suvorov, ha detto il sodale di Putin. E per carità, baciapile fanatici e spie degli austriaci ce ne avevamo eccome, ma se uno vuole avere un’idea dei sentimenti degli italiani dell’epoca va a vedersi la pinacoteca di Brera a Milano. C’è la statua del giovane Bonaparte, nudo come un Cesare ad accoglierti, non quella del settantenne impomatato Suvarov. Ciò non toglie che i russi nella loro visione distorta della realtà non riescano comunque a coglierne degli aspetti profondi. Putin quando dice che gli europei si farebbero impiccare se gli americani glielo dicessero, non ha tutti i torti. Piuttosto che tornare sotto i russi, polacchi, lettoni, lituani, estoni, cecoslovacchi preferirebbero in gran lunga impiccarsi, così come gli ucraini preferiscono farsi bombardare da 500 giorni. Poi ci saranno pure quelli che preferirebbero trattare con i russi piuttosto che obbedire agli americani. Ma questi sono quelli che i russi ancora non li conoscono e principalmente per merito degli americani.
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