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Il paradosso della democrazia italiana

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
26 Settembre 2022
in L'editoriale
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Il paradosso della democrazia italiana si vede rapidamente. Il partito che aveva preso più di 10 milioni di voti nelle politiche del 2018, dopo essere stato incrostato al governo tutta la legislatura, esclusi gli ultimi tre mesi e per per più di due anni a Palazzo Chigi, perde sei milioni di voti e canta vittoria. Farete i conti con noi. Purtroppo, li abbiamo già fatti. Siete stati più che dimezzati e non è che l’inizio. Il bello è però che il disastro dei 15 punti percentuali dissipati da Conte appare quasi un successo rispetto al punticino guadagnato dal Pd di Letta, perché Letta ha migliorato il risultato precedente del suo partito, anche se al netto di un calo di votanti devastante. Invece di ridurre il numero dei parlamentari dovevate cambiare la legge elettorale.

È il Pd con il suo punticino in più l’autentico sconfitto di questa tornata elettorale e lo è per ben tre volte. La prima perché ha progettato un campo largo senza rendersi conto che invece serviva un campo definito di governo. La seconda, che se non avesse avuto intenzione di puntare su un mandato politico per Draghi, avrebbe fatto meglio a tenersi Conte come alleato. La terza, è che avendo rilanciato la sinistra radicale ed ecologista sarà costretto ad imbarcare Conte un’altra volta. Così con una bella piattaforma terzomondista questo schieramento Pd, Verdi, Conte, Fratoianni, verrà sconfitto anche fra cinque anni.

Era evidente che sarebbe stato sconfitto già dal 2020 quando nei sondaggi e soprattutto nei voti reali delle amministrative parziali, si era visto il balzo del partito dell’onorevole Meloni. Non è vero che Fratelli d’Italia è cresciuta nell’opposizione del governo Draghi, è solo Conte che si è giovato di questa opposizione pigiando tutte le corde del populismo da banchetto che lo distingue altrimenti sarebbe scomparso già in queste elezioni. Fratelli d’Italia era cresciuta nell’opposizione al governo Conte Lega e soprattutto, a quello Conte Pd. Rispetto a tale exploit l’onorevole Meloni ha guadagnato ancora poco nella campagna elettorale. Fratelli d’Italia ha principalmente cannibalizzato i suoi coalizzati, dove bisogna dire che Berlusconi regge meglio di Salvini, già spacciato, e non si sa se questo sia un bene o un male.

Calenda aveva compreso che l’alleanza con il Pd così come era stata impostata lo avrebbe portato alla irrilevanza, simile a quella di + Europa.  Ha dunque avuto l’intuizione di tenere alto il vessillo di Draghi. Nello stesso tempo ha deciso di trincerarsi con i suoi fedelissimi quando poteva aprire a tutte le componenti politiche pro Draghi e  valorizzarle e non parliamo solo del Pri che ancora ha ottenuto tre candidature. In questo modo è stato  compromesso un risultato importante che si poteva ottenere anche se non possiamo sottovalutare la capacità di rasentare l’8 per cento, per un’area politica di profilo liberale e repubblicana. E questo è un risultato principalmente di Calenda, perchè Renzi non si comprende esattamente quanto sia affine al progetto, se il progetto riprenderà e francamente ve ne sarebbe bisogno su basi più ampie e più solide.

Bisogna infatti preoccuparsi di costruire un’alternativa ai vincitori di oggi che saranno a breve perdenti. Solo dover sostituire una personalità come quella di Draghi è un compito che non augureremmo al peggior nemico politico. Perdere Draghi alla guida dl governo sarà un  tale disastro che dispiace possa ricadere sulle spalle dell’onorevole Meloni. Davvero non ne ha, almeno lei, nessuna responsabilità. Questo è l’ultimo paradosso della democrazia italiana, essere la vittima predestinata del proprio successo.

Tags: CalendaMeloni
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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