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Il Pd, la nottola di Minerva e l’invidiabile capacità di non imparare mai dai propri errori

User Avatar di Mauro Cascio
16 Ottobre 2022
in Attualità / Politica
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Il Pd ha l’invidiabile capacità di non imparare dai propri errori. Non c’è niente da fare, è più forte di lui. Pure la Juventus quando sente che qualcosa non va più cerca di correre ai ripari e mette tutto in discussione. Il Pd è talmente accecato da sé che sembra incapace di interpretare il proprio tempo. La Nottola di Minerva si posa sulla storia a cose fatte e solo lì comincia la comprensione. Questa sinistra non le capisce nemmeno più a compimento avvenuto, le cose. Nessuna auto-critica. È sempre colpa degli altri. Non riesce, il Pd, a uscire da questo recinto che ha costruito. Il recinto di chi si crede nel giusto sempre e comunque. E tutti gli altri, lì fuori, sono dei farabutti. Il Pd, questo quanto continua ad emergere dalle parole del segretario, non ha perso perché ha sbagliato qualcosa, perché per esempio non è in grado di fornire idee o proposte alle paure e ai bisogni reali, ha perso perché gli altri sono brutti, sporchi, cattivi. Questa sicumera si è radicata, e ha reso ormai il Pd un partito a-ideologico, senza un’identità, uno scatolo per gestire il potere, un partito di vertici, ha ragione Luciano Canfora su questo, che “conta sul fatto che tanta brava gente li vota per amore di qualcosa che non esiste più”. E questa vuotezza la si vede dagli slogan, dalle etichette da appiccicare a chi sta fuori da quel recinto, ai cattivi, tanto per ricordare a se stessi che si è dalla parte dei buoni, dalla parte dei cowboy. Etichette che in realtà non hanno nessun contenuto.

Quella più inflazionata è no vax. Batte ormai persino ‘fascista’. Perché il Pd è dalla parte della scienza, anche quando la scienza non può dire alcunché e la si tira per il camice. Non si capisce nemmeno più cosa voglia dire ‘no vax’. Certo, la definizione in un primo momento indicava quei complottisti per cui tutto è gestito da Big Pharma, contrari ad ogni vaccino e che il mal di testa se lo curano non con l’Oki ma con il rosmarino e la meditazione. Poi la definizione si è allargata, e ha semplicemente indicato, ancora propriamente, chi ha deciso di tener duro, di sfidare gli obblighi e di non vaccinarsi. Poi ancora a chi si è vaccinato, ma solo con le prime dosi. Poi a chi i vaccini li ha fatti tutti ma ha manifestato perplessità perché ‘funzionicchiano’ (a essere generosi), ovvero non proteggono come avrebbero dovuto e soprattutto hanno effetti collaterali molto pronunciati e forse non sufficientemente indagati. Poi a chi ha manifestato perplessità per la gestione (tanto superficiale quanto violenta) con cui è stata gestita l’emergenza, a chi ha fatto notare che le strutture sanitarie si sono trovate impreparate anche grazie ai sistematici tagli voluti dagli uomini del Pd negli ultimi dieci anni. Infine è no vax, chiunque faccia una critica qualunque, soprattutto se sta fuori dal recinto, appunto.

Anche ‘pro Putin’, è abbastanza inflazionato. Direi un terzo posto. Bizzarro che a dare agli altri dei pro Putin siano i nipotini italiani di Stalin che dalla Russia hanno preso soldi fino all’altro ieri. La storia è fatta così. Se deve pesare sulla Meloni, ottant’anni passano in un attimo e tutto è ancora lì, sulle spalle. Se riguarda te non vale. Un po’ come i rigori. Quando sono contro la squadra tua non valgono mai, e il Var è venduto ai poteri forti. Oggi pro Putin sono quelli che lo hanno incontrato, che ne diedero, altri tempi, un giudizio positivo, e ancora ci sta, ma sono anche pro Putin i moderati, quelli che vogliono una via diplomatica, gli amici dei moderati, quelli che citano gli amici dei moderati. Perché gli eredi del Pci scoprono oggi di essere innamoratissimi della Nato. Loro.

Da quando infine qualcuno ha inventato la parola ‘populismo’ abbiamo scoperto tutti che questo popolo in fondo ci fa un po’ schifo. E questa etichetta ci torna comoda perché possiamo dirci antipopulisti per nascondere il nostro essere antipopolari.

Foto Alberto Ghione | CC BY-SA 2.0

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Mauro Cascio

Mauro Cascio si è laureato in Filosofia a La Sapienza di Roma. Ha organizzato numerosi eventi culturali in Italia e all'estero, dalla Biblioteca del Senato al Pembroke College dell'Università di Oxford, attività grazie a cui ha vinto il Premio Nazionale di Filosofia nel 2013. È curatore di numerosi saggi, nonché prolifico autore. Al suo terzultimo libro, «Davanti alla fine del mondo» si è ispirato il cantautore Roberto Kunstler per il suo omonimo lavoro. Ora è in libreria con «Un pozzo di abati e di principi». È coordinatore di direzione de La Voce Repubblicana e cura ogni anno l'Almanacco Repubblicano

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