Hegel non ha anticipato mondi. Non ha fatto il profeta. La filosofia, questo il suo immane compito, interpreta il presente. Ma è grazie alla sua visione del mondo che noi possiamo, dal presente, provare a immaginare un futuro. E ci sono futuri, anche distopici, che hanno bisogno di base, di teoria. E con Hegel torni a fare i conti. Lo ricorda Slavoj Žižek nel suo ultimo libro: Hegel e il cervello postumo (Ponte alle Grazie, con l’elegante traduzione di Leonardo Clausi). Pensiamo alle nozioni di ‘Singolarità’ e di ‘Cervello Connesso’ che abitano una visione del mondo che fu caratteristica (peraltro quasi esclusiva) del filosofo idealista. «Cervello connesso si riferisce a un collegamento diretto tra i nostri processi mentali e una macchina digitale, un collegamento che – mentre mi consente di attivare direttamente gli eventi nella realtà con un semplice pensiero (penso a qualcosa come l’avvio del condizionatore d’aria, il computer decifra il mio pensiero e attiva il condizionatore d’aria) – permette inoltre alla macchina digitale di controllare i miei pensieri. Singolarità si riferisce all’idea che, attraverso la condivisione diretta dei miei pensieri e delle mie esperienze con gli altri (una macchina che legge i miei processi mentali può anche trasporli in un’altra mente), nasca una sfera di esperienza mentale, condivisa a livello globale, che funzionerà come una nuova forma di divinità: i miei pensieri saranno direttamente immersi in un Pensiero globale dell’universo stesso». Siamo un passo oltre l’Intelligenza Artificiale. L’ambito dell’IA infatti non coinvolge il mio cervello. L’IA simula, con le reti neurali il mio hardware e simula processi di apprendimento. Queste nuove frontiere no, mi buttano dentro l’esperienza condivisa. Attenzione: non stiamo parlando di fantascienza. Pensiamo ad AlterEgo, lo strumento nato al MIT Media Lab da Arnav Kapur(che ha sviluppato il sistema). C’è un gancio che mi metto all’orecchio, e una fascia con dei sensori che sono piazzati in alcune aree chiave. Indossando questo dispositivo posso fare ricerche su Google senza proferire parola. Questo perché l’apparecchio mi traduce l’impulso d’ingresso immesso dal centro del linguaggio in un computer senza passare dalla vocalizzazione. Avremo presto quindi strumenti come Siri o come Alexa, solo che non dovremo dire nulla.
Il progetto più noto però è Neuralink di Elon Mask, il papà della Tesla. Badate è tutto nel nome: link tra cervelli, la sua società si occupa infatti di interfacce cervello-computer impiantabili. L’incubo dei complottisti di tutto il mondo. Sai quanti No Mask! Le diverse interfacce sono la traduzione tecnica di percorsi di comunicazione tra cervelli potenziati, cioè connessi, e un dispositivo esterno e, successivamente, tra i cervelli stessi. «La conseguenza diretta di questa comunicazione diretta cervello-cervello non è solo una maggiore velocità, ma anche più accuratezza: quando penso a qualcosa, non devo tradurre il mio pensiero in segni linguistici che semplificano brutalmente il significato, il mio partire percepisce direttamente quello che io penso».
Quali sono le conseguenze politiche di una rivoluzione di questa portata? Avviene che almeno le Singolarità connesse siano lo Stato. In questo Stato connesso, dove ognuno ha la sua determinata collocazione, la polizia sa dunque pressapoco dove ogni cittadino sia a ogni ora del giorno e cosa faccia. In uno Stato del genere non c’è crimine. È lo Stato di Fichte, non di Hegel. La Polizia per Fichte deve porre maggiore enfasi sulla prevenzione delle trasgressioni e dirigere le attività non solo verso il dolo ma verso la sua possibilità. Hegel invece ha sostenuto che “lo Stato dovrebbe piuttosto stabilire una chiara distinzione tra ciò che è essenziale per la sua esistenza e unità e ciò che può essere lasciato al caso e alla volontà arbitraria”: lo Stato dovrebbe “esigere dal singolo solo ciò che per sé stesso è necessario” e “garantire la libertà vivente e la propria volontà dei cittadini, e di lasciare a ques’ultima un vasto campo di azione”: «Il centro, cioè il potere statale, il governo, [deve] lasciare alla libertà dei cittadini ciò che non gli è necessario per la sua destinazione, che è di organizzare e mantenere il potere, ciò che non gli è necessario, insomma, per la sua sicurezza interna ed esternare che nulla deve essergli così sacro quanto garantire e proteggere, in tali cose, la libera attività dei cittadini, senza stare a calcolare l’utilità; questa libertà, infatti, è sacra in se stessa». Ma una complessa rete digitale che registra continuamente le nostre attività (e la nostra salute, le nostre letture, le nostre opinioni) non lascia libertà di sorta: «Alla fine mira precisamente a prevedere le nostre violazioni della legge e ad agire preventivamente per impedirci di farlo». Il deprimente paradosso sta qui: io risolvo il mio nella Soggettività per essere più libero, ma la mia libertà ne rimane fortemente compromessa. Certo, con il valore che oggi le viene comunemente dato, questo non sembra un grandissimo problema…