Oggi Margherita Hack avrebbe compiuto 100 anni. È nata a Firenze il 12 giugno del 1922. Una vita scritta nelle stelle, hanno titolato i giornaloni. Omaggio giusto, perché Margherita Hack ha fatto il suo, e lo ha fatto bene, da astrofisica, da divulgatrice. Ecco, divulgatrice. Perché nel momento in cui si divulga fa sempre un passo indietro lo scienziato e uno avanti il partigiano. Lei ordinario di astronomia all’Università di Trieste, questo poteva fare: contarti le stelle, dare loro un nome. Empirica fino al midollo, il grande limite di molte ‘scienze’, si è definita, con provocazione, ‘atea’. Come se fosse legittimata dal farlo dal suo essere scienziata. Qui l’equivoco. Chi descrive le stelle, chi descrive la materia, non è un filosofo, non è impegnato nel chiedersi perché. È semplicemente uno che colleziona dati. Lo scienziato positivista in genere non ci sta, e crede di essere legittimato ad andare oltre, come se la sua opinione valesse più di quella di un panettiere. Colleziona dati, fa scoperte, elabora teorie induttive, sempre dipendente dai capricci del sensibile. Ed è radicalmente convinto che il bosone di Higgs debba pur significare qualcosa. Non si interroga sulle condizioni che rendono possibile il suo esperire, ha completamente messo da parte quei filosofi che da secoli avvertono di ‘forme pure’ che rendono possibile la conoscenza, vanno avanti come se Kant non fosse stato uno spartiacque, come se fare castelli di sabbia in riva al mare fosse qualcosa di duraturo e come se così uno possa davvero costruire le città.
Margherita Hack ha congedato Dio senza cercarlo. Ha costruito un religione dogmatica fondata sull’accettazione di un destino tragico, quello di non avere spiegazioni, di non avere una speranza. Paolo Di Tarso diceva che la Fede è questa, la sostanza delle cose che speri. Lei, toscanaccia impertinente, ha continuato a descrivere il mondo senza capirlo. Ha continuato a dirci come, senza interrogarsi sul perché. Tanti ingenui dello Spirito si sono mossi con la stessa altezzosità. Le Storie Scientifiche ricordano Paul Dirac, l’ “uomo più strano del mondo”, uno dei fisici teorici più famosi. Uno che quando gli chiedevi “bella giornata, vero?”, restava un po’, poi andava ad affacciarsi per verificare le condizioni metereologiche, tornava e ti rispondeva: «Sì». «Dio non esiste e Dirac è il suo profeta», dirà di lui Pauli. Volendo sfottere. Certo che Dio può dormire sonni tranquilli se i suoi contestatori hanno la pochezza teoretica di Hack e Dirac. Come dire: non ho trovato Dio nella credenza, quindi non sta in salotto. Benedetto Croce ci aveva visto lungo. C’è gente incapace ad innalzarsi a “più alto sentire”, diceva prendendoli a pernacchie. Nell’ultimo cinquantennio sono spariti i crociani e i positivisti sono saliti in cattedra. Se togli Dio te lo ritrovi da qualche parte, o chiami Dio la Ragione, o chiami Dio la Natura, comunque ci devi fare i conti, scriveva Mazzini. Certo, c’è chi ha prostituito il suo nome, attorno a lui è stata costruita anche la corruzione. Ma chiede Mazzini: «Se la luce del sole ci viene spesso offuscata e guasta da sozzi vapori, negheremo il sole o la potenza vivificante del suo raggio sull’universo?». Guardate il cielo, invita Mazzini. La Hack è utile, perché ce lo descriverà. Poi proveremo a dare a tutto un senso ed è giusto sapere che il senso delle stelle non è quello di un uomo. Se non riscopriamo il coraggio di essere filosofi, filosofi per davvero, saremo costretti, lo cantava Vecchioni, alla pena di quel brillare inutile, di quel brillare lontano.