Un confronto sulle opinioni di un generale in servizio è qualcosa di assolutamente privo di senso. Perché un militare è sempre libero di pensare quello che gli pare, altra cosa è scriverlo e diffonderlo pubblicamente. Un militare obbedisce agli ordini non li commenta. Un generale non è un opinionista se vuole diventare tale, benissimo, lasci la divisa. La tradizione italiana vanta degli esempi illustri, a cominciare da Garibaldi che sia al servizio della Repubblica che al servizio di casa Savoia si attenne alle disposizioni che gli vennero affidate con il massimo scrupolo. Il pensiero di un generale? Obbedisco. Figura non meno autorevole di Garibaldi, il generale Dalla Chiesa ebbe probabilmente dei dubbi sul suo incarico a Palermo e le condizioni in cui gli venne affidato. Non risulta nessuna presa di posizione pubblica a riguardo se non quella di rispondere al suo dovere verso il comando. Non si capisce quindi di cosa debba discutere il governo. Vannacci va semplicemente congedato, faccia il pamphlettista. A quel punto il ministro Salvini può dire se apprezza o meno i suoi scritti e nel caso lo può candidare nelle sue liste. L’esercito italiano non si merita questo scempio, qualsiasi cosa il generale possa pensare, non deve avere alcun collegamento con l’esercito della Repubblica che ha comandante in capo il Presidente della Stessa.
Dismettendo la divisa il generale Vannacci avrà modo di approfondire conoscenze che sembrano per lo meno approssimative. Cesare non era un generale come lui, i generali li comandava. Era stato questore, edile, poi console e proconsole della Repubblica ed infine dittatore. Il suo libro, il De bello gallico, non è un libro di opinioni, quelle le riservava al Senato, ma di azioni militari intraprese dalle sue truppe. È vero invece che l’esercito romano perseguiva la pederastia, tanto che Silla, che era notoriamente pederasta, vantava di essersi astenuto da ogni pratica a riguardo quando era in servizio. Su Cesare è molto più difficile poter asserire della stessa condotta tenuta da Silla perché appunto egli era sempre stato sopra l’esercito e spesso si sentiva sopra persino le leggi della Repubblica. Uno che entra nell’Urbe in armi, dimostra di non avere remore di alcun genere. Non vorremmo che fosse questo l’unico legame che Vannacci vorrebbe ventilare con Cesare, dimenticando un altro aspetto essenziale. Cesare era amato dal popolo di Roma e non solo di Roma, grazie ai lunghi uffici di Mario, console per otto volte. Vannacci, ci si perdoni, ma chi lo conosceva fino a ieri, fuori dalla sua brigata?
È meglio chiuderla in fretta questa storia. Già abbiamo dovuto assistere a parti cospicue della magistratura che hanno sentito il bisogno di esternare i loro sentimenti le loro valutazioni e persino i loro incitamenti, quando i magistrati dovrebbero parlare solo con le sentenze. Ci manca solo che anche i militari si mettano a diffondere la loro visione dell’universo mondo. Questo lo fece solo Washington, Lafayette che provò ad imitarlo, dovette riparare dal principe di Coburgo. Washington con il suo pensiero aveva dato anche le armi al popolo e appena visto Lafayette, il popolo francese si armò di tutto punto.
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