Il dibattito politico nazionale è incentrato principalmente sull’introduzione del salario minimo (9 euro all’ora lordi), ma in Emilia-Romagna, anzi in Romagna, si combatte una battaglia che potrebbe condizionare le elezioni amministrative del 2024, quando si voterà per la Regione e molti Comuni, ma si potrebbe votare anche per le Province. Il sindaco di Cesena Enzo Lattuca, che è anche presidente della Provincia di Forlì-Cesena, Michele De Pascale, sindaco di Ravenna e presidente della Provincia, con un corollario di altri sindaci e il supporto della Lega delle Cooperative guidata dall’ex sindaco di Cesena Paolo Lucchi, con la guida del presidente della Regione Stefano Bonaccini, tutti esponenti del Pd, sparano a palle incatenate un giorno sì e l’altro pure contro il Governo, in particolare contro la presidente Giorgia Meloni: “Siamo senza soldi, abbiamo già speso tutto quello che avevamo per i lavori di somma urgenza, dobbiamo fermare i lavori altrimenti rischiamo il default, famiglie e imprese non hanno ancora ricevuto nulla…”. E così via, con poche varianti. Non passa giorno che ai giornali e alle emittenti locali non arrivino almeno un paio di comunicati con questo tono, si è fatto avanti anche Andrea Gnassi, ex sindaco di Rimini e ora in parlamento, il pressing sui social è garantito da squadre di comunicatori più o meno autentici, anche i giornali nazionali di area antigovernativa (Stampa e Repubblica in testa) ospitano volentieri interviste che sembrano tirate col ciclostile. La segretaria del Pd Elly Shlein sta un po’ defilata, forse teme che qualcuno le ricordi che quando era vice presidente dell’Emilia-Romagna con delega all’ambiente non riuscì a spendere 52 milioni per la sistemazione dei corsi d’acqua.
Fino o ora quasi tutte le famiglie alluvionate hanno ricevuto un primo contributo di 3.000 euro dalla Protezione civile, mentre a 31 aziende (con esclusione di quelle agricole) sono arrivati 2.500 euro dalla Camera di commercio di Forlì-Cesena e Rimini, un ente che dovrebbe affiancare le imprese del territorio, ma spende due terzi dei contributi che riceve per il mantenimento del proprio apparato.
Eppure tutti sanno che neppure Mandrake riuscirebbe a risarcire oggi i danni causati dall’alluvione di tre mesi fa anche se avesse a disposizione il forziere di Paperon de’ Paperoni. C’è da quantificare ogni singolo danno, da verificare e controllare ogni dichiarazione per evitare che i furbetti del quartierino facciano piazza pulita delle risorse disponibili lasciando a bocca asciutta chi i danni li ha subiti veramente.
A fare la parte dei furbetti del quartierino potrebbero essere anche alcuni comuni retti dal centrosinistra che hanno stilato un elenco dei danni inverosimile: quello di Cesena ha quantificato in 1,7 milioni le infiltrazioni d’acqua dal tetto o dagli infissi del municipio, della Biblioteca Malatestiana e del Palazzo del ridotto, come se non fossero dovute alla cattiva manutenzione. Il Comune di Santarcangelo di Romagna, addirittura, ha addebitato all’alluvione il crollo di una parte del cornicione del municipio, avvenuto una ventina di giorni dopo l’alluvione! Danilo Nicolini, consigliere comunale repubblicano eletto nella coalizione di centrodestra ha dichiarato: “Inserire nell’elenco dei danni causati dall’alluvione il crollo del cornicione del palazzo comunale avvenuto domenica 11 giugno, più di tre settimane dopo l’alluvione, è un’evidente forzatura. Il crollo è da imputare alla carenza di manutenzione, peraltro riscontrabile anche in altre parti del municipio. La sindaca Alice Parma e la sua giunta paiono non rendersi conto che in questo modo tentano di sottrarre risorse alle migliaia di famiglie e aziende romagnole che hanno perso tutto”.
Qui si innesta un piccolo giallo: la Regione si è rifiutata di rendere noto l’elenco dei comuni che hanno fornito l’elenco dei danni e il relativo importo. Pare che ciò sia avvenuto dopo le obiezioni sollevate nel primo incontro col generale Figliuolo che ha dato un altro appuntamento alle parti interessate per domani, 24 agosto.
Gian Luca Zattini, sindaco di Forlì, l’unico di centrodestra delle principali città romagnole, ha spiegato e rispiegato che nell’alluvione del 2019 di Villafranca di Forlì (di dimensioni molto più ridotta di quella del maggio scorso) i risarcimenti sono arrivati nel 2022 e le proteste sono state molto blande, ma allora a Palazzo Chigi non c’era Giorgia Meloni. È prevedibile che anche per questa alluvione i tempi previsti per i risarcimenti saranno analoghi, ma sbraitare “Vogliamo i soldi subito” fa molta più presa sull’opinione pubblica che spiegare le procedure per chiedere i risarcimenti e i tempi per ottenerli.
Vittorio Cicognani, assessore forlivese, ha avuto una bella pensata: usiamo una parte dei soldi delle donazioni (circa un milione) per garantire alle banche prestiti fino a ventimila euro da concedere agli alluvionati e abbassare i tassi d’interesse, ma l’idea è stata bollata dall’opposizione come ‘un regalo alle banche’, per cui sarà riformulata. A Cesena le donazioni sono state impiegate per anticipare il contributo di autonoma sistemazione (Cas) agli sfollati a oltre 400 famiglie (lo Stato li rimborserà a settembre), reperire alloggi in affitto da destinare agli sfollati (ne sono stati trovati sette), dare buoni spesa per alimentari, abbigliamento ed elettrodomestici, e rimborsare associazioni di volontariato che hanno operato durante l’alluvione.
Insomma, anziché pensare a sistemare le frane e i corsi d’acqua per evitare che in autunno possa ripetersi un’alluvione, tutti pensano solo a fare polemiche.