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La chiarezza necessaria sulle scelte del Pri

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
7 Marzo 2023
in L'editoriale
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La mozione unitaria dal 50esimo congresso nazionale del partito repubblicano, la trovate integralmente pubblicata su questo giornale, dedica i suoi primi quattro capoversi al sostegno all’Ucraina. Il congresso nazionale ha fissato con tale mozione una priorità politica decisiva per il sostegno del Pri al governo di Mario Draghi. Le forze politiche che composero il governo Draghi furono dunque le principali interlocutrici del Pri, per lo meno fino a quando alcune di loro non votarono la sfiducia. Quelle che poi hanno contestato la posizione del governo Draghi a sostegno dell’Ucraina, vanno derubricate dal Pri come un pericolo per la democrazia occidentale.

A coloro che sostenevano che il governo Draghi non facesse abbastanza per trovare una via diplomatica al conflitto e che in generale inviando armi si ampliava la condizione della guerra, ricordiamo che quando un paese ne invade un altro, c’è poca tela diplomatica da tessere, per lo meno sino a quando l’invasore non decide di ritirarsi dai territori occupati con la forza. L’invasione consumata nel territorio ucraino nel 2022 era successiva ad un’altra azione di guerra come quella compiuta in Crimea nel 2014. All’epoca Putin aveva assicurato di non avere nessun interesse a dissolvere l’unità dell’Ucraina e che anzi intendeva rispettarla. Occupando la Crimea si consumava semplicemente un atto di riappropriazione territoriale, la Crimea è stata russa dai tempi un cui Pietro il Grande la conquistò al Sultano. Il fatto che Crusciov avesse sentito il bisogno di donarla all’Ucraina in segno di riparazione dei crimini staliniani, poco importava. La Russia di Putin non si sentiva erede dello stalinismo che pure a 70 dalla morte del dittatore viene celebrato in tutta la Russia. Mai ci fosse stato un problema con le minoranze russofile del Donbass, Putin avrebbe potuto dire di aver occupato la Crimea per negoziare. Eppure nessuno allora chiese una soluzione diplomatica a vantaggio dei russofili e della collocazione nazionale della Crimea, anche se era quello il momento più opportuno, davvero il problema fosse stato la tutela delle minoranze.

Nessuno invece disse niente, perché per l’appunto il problema della guerra in Ucraina non dipende dalle minoranze, altrimenti Putin non svuoterebbe i suoi arsenali per distruggerne i villaggi del Donbass e se l’Ucraina non è ridotta dopo un anno di guerra ad un cumulo di macerie, questo lo si deve alle armi che l’occidente ha dato all’Ucraina. Per capire perché il Pri ha posto l’Ucraina come priorità internazionale, bisogna ascoltare Kadirov quando dice che la Russia non è interessata al Donbass, è interessata a rioccupare Berlino, Putin quando dice che vuole il confine svedese e Dughin per cui l’occidente deve piegarsi alla santa Russia.

Le scelte di collaborazione politica di un partito come quello repubblicano sono sempre dipese dalla comune visione della politica internazionale. La possibilità di un accordo con il Pd alle elezioni politiche è naufragato quando quel partito ha proposto un accordo politico elettorale con chi come Fratoianni e Bonelli erano sempre stati contrari all’invio di armi all’Ucraina, per non dire che sono contrari alla Nato. L’attuale governo, anche se abbiamo avuto ministri repubblicani con le sue componenti ed una alleanza durata dieci anni con Forza Italia, è molto lontano dal partito repubblicano ed il partito repubblicano non si riconosce nelle politiche migratorie e in alcune scelte di politica economica. Mentre la politica del governo italiano sull’Ucraina è perfettamente corrispondente alle indicazioni atlantiste ed europeiste e bisogna riconoscere al presidente del Consiglio di aver sostenuta tale linea fin da quando era all’opposizione, a contrario di forze che la discutevano dai banchi della maggioranza, ed ancora la discutono.

Un governo che viene considerato al massimo “afascista”, lo stesso discorso del presidente del Senato in Israele non è propriamente impregnato dello spirito costituzionale, comporta un problema rilevante. La Repubblica è antifascista, non è “afascista”. Ma va pure detto che il fascismo è stato sconfitto definitivamente nel 1945 per cui se è giusto preoccuparsene sotto un profilo culturale e dei valori di riferimento, la questione internazionale presenta un problema molto diverso. Al tempo della guerra di Spagna c’era la minaccia fascista, oggi ce n’è di nuovo una russa. Vi sono più ragioni per creare un’alternativa politica all’attuale governo e sicuramente vanno perseguite. Attenzione solo a cercare una alternativa che possa compromettere la politica che il partito repubblicano ha ritenuto prioritaria nel suo congresso. Pensare poi che ci sia una minaccia fascista in Italia perché alcuni studenti si picchiano in strada, bè questo è il segno di aver perso completamente cognizione del senso della storia, oltre che della attualità politica.

Tags: FratoianniKadirov
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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