Tempo 48 ore ci è parso di tornare in piena pandemia con al posto dei virologhi i sovietologhi. Tutti a spiegarci su stampa e televisioni i motivi della marcia della Wagner su Mosca e se ne sono sentite di bellissime. Chi sostiene che Putin e Prigozin fossero d’accordo, a chi è convinto che l’uno abbia schiacciato l’altro. Non potevano mancare suggestivi riferimenti storiografici. C’è chi vede in Prigozin niente popo’ di meno che un redivivo Roman von Unghern- Sternberg, “il barone sanguinario”, che pure era un aristocratico di Tallin laureato all’accademia imperiale e non uno scappato di casa che rapinava i passanti e vendeva hot dog a Pietroburgo. Non parliamo di chi si è cimentato nel ricostruire la tecnica dei colpi di Stato sperimentati in Russia fin dai tempi di Ivan il terribile, non fosse che una cosa seria l’ha detta il professor Edward Luttwak e cioè che nessuno l’ha visto il colpo di Stato, c’è stata semmai una rivendicazione sindacale.
L’unica tesi che non abbiamo ascoltato in questo campionario è quella per cui Prigozin si sia precipitato a Mosca non per rovesciare Putin ma per salvarlo da chi davvero voleva farlo cadere. I traditori a cui Putin ha giurato una severa punizione sarebbero dunque altri dai mercenari e quando Prigozin ha saputo che il capo era al sicuro, ha deviato rotta. I veri golpisti sarebbero rimasti nascosti. Che elementi vi sono per sostenere qualcosa del genere? Nessuno, esattamente come tutti quelli in cui ci si è sbizzarriti finora, buoni per passare allegramente la serata. Solo che se si insegue una completezza storiografica, insieme al colpo di Stato la Russia conosce anche la congiura dei boiardi, e di questa si sa quando inizia, non se è finita.
Per quanto sia nella natura degli uomini chiedersi il perché delle cose, questo è uno dei casi in cui al più si potrà svelare il come, ovvero come è stato possibile che la mano armata di Putin fosse lì pronta a strangolarlo. Verrebbe più facile credere il contrario, ovvero, che nessuno degli osservatori specializzati abbia visto bene. Comunque non cambia la sostanza, sia che la mano fidata abbia schiaffeggiato il volto del suo padrone, sia che volesse difenderlo, quanto è accaduto è dovuto ad una debolezza e ad una minaccia. La debolezza è quella a cui abbiamo assistito in tutti questi mesi di guerra. Una grande potenza che non riesce ad avere ragione di un esercito di contadini ed elettricisti. Non solo, ma che ha anche mobilitato tutto l’occidente a sostegno dei miserelli, aiutandoli a fermare gli aggressori e trascinando seco paesi neutrali come la Finlandia e la Svezia e chissà che altro. Meno male che ci sono i pacifisti sulla pelle degli ucraini che lottano per non tornare schiavi. Quelli che tanto gli ucraini sono spacciati, non buttiamo i nostri denari per la loro inutile libertà. La minaccia invece è data dallo stesso apparato militare russo, la controffensiva ucraina è abbastanza penosa. Se fosse la Wagner davvero a comportarla, questo sarebbe paradossale, la Wagner era proprio la rete di sicurezza personale di Putin, una struttura parallela all’esercito, sottomessa a lui solo tramite il suo subordinato Prigozin. Se invece questa minaccia provenisse dall’interno dello Stato russo stesso, sarebbe ancora più grave. Va detto che per ora solo qui sopra lo si è scritto e come puro esercizio accademico, tutti indicano la Wagner che Prigozin è ambizioso.
Sicuramente avranno ragione costoro. Ci basta che questo dio in terra di Putin che dai tempi della Cecenia decide della vita e della morte di centinaia di migliaia di persone, invece di aver sgomberato Kyiv dai nazisti, ha dovuto lasciar Mosca quatto quatto accompagnato dalla paura della sua ombra.
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