Lo spettacolo miserevole delle trattative sui posti e le coalizioni, ci riporta ad una dichiarazione di Gaetano Azzariti, professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università la Sapienza di Roma, rilasciata proprio all’inizio di questa settimana tanto sciagurata. Azzariti parlando con l’Adnkronos riteneva la normativa che prevede la raccolta firme, anche se solo per la presentazione di nuove liste elettorali, come “irragionevole”. Dal suo punto di vista è privo di senso il fatto che, ad esempio, il raggruppamento di Di Maio, che non è mai passato per alcuna competizione elettorale venga esentato dalla raccolta firme solo perché si collega al simbolo dell’onorevole Tabacci. Questo, mentre Cappato, se vuole presentare una nuova lista, è costretto a raccoglierle. “Non so quanto possa essere rappresentativa la lista di Cappato, dice Azzariti, se lo sia più o meno di quella di Di Maio”, ma “a stabilirlo dovrebbero essere gli elettori ai blocchi di partenza, non vedo perché dovrebbe essere ostacolato l’uno e favorito l’altro”. Dal che ci verrebbe da chiedere e perché allora ancora la raccolta delle firme? Magari c’è un elettorato che non è disposto a raccogliere le firme, ma che gradirebbe votare per un partito che non si presenta causa la raccolta firme. Non vorremmo che insieme all’ irragionevolezza, e al mancato rispetto del principio di eguaglianza, vi fosse anche una esplicita violazione del dettato costituzionale.
L’articolo 49 prevede per “tutti i cittadini il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Il problema da sottoporre ai dotti costituzionalisti è se questo articolo non venga violato una volta inserito un criterio di raccolta firme che rappresenta un condizionamento non contemplato dalla Carta oltre che poi addirittura da una normativa che offre delle possibilità di esenzione. Non si tratta di una questione in punta di diritto, perché è fin troppo evidente che non più tutti i cittadini possano “associarsi liberamente” e “concorrere”, come si comprende dall’aumento dell’astensionismo elettorale e dalle beghe ignobili per la formazione delle liste. La domanda che dovremmo porci giunti a questo punto è se proprio il diritto costituzionale è stato intaccato da queste irragionevoli e diseguali leggi sulla partecipazione al voto.
Casualmente ieri sera abbiamo ascoltato in una trasmissione televisiva il buon Cappato che non confida particolarmente nei pronunciamenti della Corte costituzionale, tanto che non gli passa per la testa di ricorrere contro la legge elettorale e temiamo abbia ragione. Il rapporto fra la nostra Costituzione e la legge elettorale proporzionale senza sbarramenti e meno che mai, raccolta firme di alcun genere, non era riformabile senza che venisse anche riformata, destrutturandola, la prima e la seconda parte della Costituzione. L’irragionevolezza e la perdita del principio di eguaglianza riguardano proprio la costituzione repubblicana, caro professor Azzariti. Capiamo invece che sia impossibile convincerne la Corte oggi degnamente presieduta da Giuliano Amato.