L’esatta misura della statura politica del segretario del partito democratico e del suo collega che capeggia il movimento 5 stelle viene data dalla presentazione della proposta di legge sul salario minimo. Qualcosa in urto con la storia delle relazioni sindacali, considerato che un segretario della Cgil, Bruno Trentin, si dimise dopo aver firmato l’abolizione della scala mobile per il salario minimo garantito. Trentin ritenne la cessazione dell’adeguamento automatico dei salari all’inflazione come una sconfitta dei lavoratori. Da vecchio marxista qual era rimase schiacciato dall’idea che bisognasse rimettersi alla bontà degli imprenditori, perché così veniva concepito il salario minimo garantito, l’elemosina degli sfruttatori. Tanto che anche quando il sindacato virò sul welfare, non si preoccupava certo di difendere il salario minimo, quanto di alzarlo. Va poi detto che la fine della lotta di classe con una sconfitta tanto eclatante, non era stata preventivata dalla Cgil. Tutto sommato ancora fatica a riprendersi e purtroppo non può più contare su uomini dalla tempra di Trentin.
Per tutelare meglio i più deboli, per diminuire le diseguaglianze, c’è una sola strada sperimentata percorribile, la politica dei redditi. Migliorare la Pubblica amministrazione, rinsaldare la giustizia, colpire l’evasione e quindi creare le condizioni per aumentare la produttività del paese con gli investimenti in innovazione. I salari possono anche essere bassi, cresceranno. Alzateli per decreto, quanto volete. Senza dette condizioni avranno comunque un effetto controproducente, esattamente come lo ebbe la scala mobile. Il ritardo italiano su questo terreno rispetto agli altri paesi europei fa la differenza. Per questo l’opposizione dovrebbe essere concentrata sulla questione fondamentale che riguarda oggi il governo, ovvero la realizzazione del Pnrr. Invece divaga demagogicamente. Il governo è stato preso in contropiede. Avrebbe potuto benissimo invitare Schlein e Conte a Palazzo Chigi far loro mille salamelecchi, firmare un decreto sul salario minimo, magari al ribasso e lasciarli poi come due polli a fronteggiare l’ira di sindacati e Confindustria, che si sarebbe subito scatenata. Dilettanti. Il salario minimo su base contrattuale, ovviamente c’è già, viene magari violato e dove invece è applicato, non cambia niente, nemmeno se lo si alza di due euro. Poveri si è, poveri si rimane. Solo una politica dei redditi può incidere su quelli più alti per venir redistribuita nelle aziende con lavoratori più efficienti, se c’è lo sfruttamento c’è anche l’efficienza, e su chi il salario l’ha perso, o non l’ha mai avuto, perché in tutto questo ci siamo dimenticati degli esodati e dei 7 milioni di disoccupati di cui una buona parte lavorerebbe per un salario qualsiasi, pur di averne uno.
Una politica dei redditi poi può anche ampliare gli obiettivi di solidarietà. Il ministro Giorgetti ha parlato ed erano anni dopo Saccomanni, di tagli alla Rai che accumula troppe perdite nonostante fosse la Rai di Fazio, Berlinguer, Annunziata. Riprendiamo ed aggiorniamo l’agenda Cottarelli per reperire risorse. Su questo va incalzato il governo in Parlamento, e bisogna farlo ogni giorno, tagliare i famosi rami secchi, più che aumentati, mentre si fa professione di antifascismo. Nobiltà dello spirito, insomma. La Germania sta pensando di affrontare la recessione con una nuova politica economica di rigore, per cui c’è poco da scherzare. Governo, opposizioni, parti sociali dovrebbero concentrarsi su come avere dei risparmi da ridistribuire. Cosa succede? Il governo tentenna e l’opposizione invece di preparare un’alternativa, affonda. Complimenti. I primi a pagare il prezzo di una situazione di questo genere saranno proprio i ceti più deboli, anche introducendo un salario minimo doppio di quello annunciato, visto che ci sono quelli che il salario non ce l’hanno e non sanno come procurarselo.
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