Dovrebbe essere facile spiegare il perché un governo muta i suoi generali in guerra. Evidentemente sta perdendo la guerra. Poi il governo può sempre ritenere di avere un margine utile per raddrizzare la situazione, infatti incarica dei nuovi vertici, altrimenti capitolerebbe. Nel caso dell’Ucraina, uno Stato indipendente dal 1991, privo di una tradizione militare nazionale in senso proprio, l’esercito ucraino era una succursale dell’esercito zarista prima e di quello sovietico poi, costretto da due anni a combattere contro una grande potenza mondiale, quella stessa di cui era stata parte, si potrebbe addurre qualsiasi motivo strategico per spiegare una simile decisione di cambiamento. Di conseguenza, fa specie leggere, quanto scritto dall’inviato de il Corriere della Sera, ovvero che Zelensky avrebbe sostituito un generale con un altro causa la semplice gelosia. Se davvero Zelensky fosse geloso di un capo militare, sarebbe presumibile che quello stia vincendo e non perdendo e a quel punto la sostituzione apparirebbe davvero grave. Nessuno Stato destituisce un generale vincente. Solo Stalin, per gelosia, allontanò Zukov, ma a guerra finita, non in corso. Zelensky avrebbe mostrato lo stesso difetto caratteriale di Stalin senza avere il pregio politico di aver incassato la vittoria conseguita da Stalin. Si può giusto sperare che il Corriere della Sera abbia dato un giudizio affrettato, o che semplicemente il governo ucraino debba affrontare troppi problemi per preoccuparsi anche della comunicazione adeguata dei suoi provvedimenti, o che non voglia ammettere di stare perdendo sul campo.
Il fatto invece che Putin nel suo monologo con un giornalista statunitense affermi: la Russia non sarà mai sconfitta, non significa niente. La Russia ha subito decine di sconfitte senza nemmeno accorgersene, tali sono le sue risorse. Ad ascoltare Putin uno pensa che sia stata la Russia ad aver vinto la guerra fredda e che per generosità non abbia voluto infierire sui vinti e anzi li abbia liberati. Purtroppo l’aggressione alla Crimea del 2014 è sotto gli occhi di tutti ed è altrettanto rilevante l’arrendevolezza del mondo occidentale nei suoi confronti, soprattutto ricordandosi di cosa venne fatto da Putin in Cecenia. Quali che possano essere state le responsabilità dell’Ucraina sul mancato rispetto degli accordi di Minsk, l’Ucraina non si è presa un pezzo di Russia, dal giorno alla notte. A proposito di neonazisti, Putin ricorda Hitler con i sudetti quando occupò l’Intera Cecoslovacchia. Vi è una sola differenza. Hitler riuscì nella sua impresa di conquista, con un notevole tempismo ed un minimo di perdite e va anche detto che il complesso della popolazione cecoslovacca era meno affine alla Germania di quanto gli ucraini dovrebbero esserlo alla Russia, eppure gli ucraini ancora resistono, tanto che per l’appunto cambiano persino i loro generali.
Una sola cosa autentica in compenso Putin l’ha detta, ovvero che egli non intende attaccare i paesi baltici o la Polonia. Su questo gli si può credere sulla parola e non perché non voglia farlo, fosse per il suo senso di rispetto dell’indipendenza dei popoli, Putin arriverebbe in carro armato sino a Madrid, altro che a Varsavia, ma perché uno che dopo due anni ancora non ha saputo prendersi Advidka, non è in grado di attaccare qualcos’altro. Ammesso che possa conquistare l’Ucraina, non si sa ancora come e quando, Putin meglio farebbe a preoccuparsi di guardarsi le spalle. Anche perché lui, i suoi generali hanno già provato a rovesciarlo una volta. Magari andando avanti con una guerra così prima o poi ci riprovano e mettono a segno il colpo. Soprattutto pensando che in Polonia e nei paesi baltici, non ci sono le armi date alla spicciolata dalla Nato agli elettrotecnici ucraini, c’è proprio la Nato, con tutti i suoi effettivi, quella Nato in cui Putin stesso ha detto che avrebbe voluto entrare dal primo momento ed è stato, stranamente, rifiutato. Davvero buffo che non fosse Clinton a chiedergli di far entrare invece gli Stati Uniti nel Patto di Varsavia. A già, non c’era più nessun Patto di Varsavia.