Analisti ed esperti militari professionisti accortisi, tutto di un tratto, dell’incredibile concentrazione di forze russe a ridosso del Donnbas, erano convinti che se mai la Russia avesse invaso, l’Ucraina non avrebbe resistito che una manciata di giorni. La teoria della nuova guerra lampo la inventarono loro, non Putin che rassicurava il mondo sostenendo che non voleva invadere nessuno, muoveva solo le truppe come i bimbi spostano i soldatini. D’altra parte era anche comprensibile che considerato uno Stato come quello ucraino, sprovvisto di una storia nazionale e costituitosi solo recentemente potesse disporre più di una qualche brigata a cavallo, come quelle conosciute al tempo della guerra civile. Anche perché vedevamo esercitazioni di riservisti con i fucili di cartone. Poi c’era la memoria di Michail Bulgakov. Appena l’armata rossa apparve sul Dnepr tutti i variopinti reparti cosacchi di Petljura si dissolsero lasciando Kyiv a sé stessa, tempo storicamente stimato, trecento secondi esatti. Ammesso anche che cent’anni dopo gli ucraini avessero maturato una qualche volontà combattiva, quanto mai avrebbero potuto resistere al potente esercito russo? Cinque giorni, una settimanella. Abbiamo avuto insigni professori associati non si sa esattamente di cosa, sostenere che l’unica fosse arrendersi per sopravvivere. Gli ucraini pensano l’esatto opposto, se si arrendono, proprio come avvenne nel secolo scorso, cesserebbero pure di vivere.
È possibile che Putin fosse comunque convinto che non avrebbe avuto grandi problemi nell’invasione dell’Ucraina, “un’operazione speciale” per intendere che la Russia non riconosce lo status di nazione di quella Regione. Ha ricordato che fu Lenin a darle rilievo nazionale, il che dovrebbe pure avere un peso per un paese che è stato settant’anni sovietico. In ogni caso, gli analisti militari si sono messi a vantare l’incredibile capacità dell’esercito russo di procedere a tenaglia contro tutti i centri abitati principali e che l’Ucraina intera sarebbe stata avviluppata in una morsa inesorabilmente. Abbiamo visto come è andata.
Gli americani e la Nato hanno trasferito nel tempo in cui l’esercito russo si ammassava al confine ucraino tonnellate d’armi. È plausibile, i russi anche se ne lamentano, che insieme alle armi siano arrivati anche i necessari consulenti, per lo meno perché l’America non ha mai inviato armamenti a paesi terzi senza consiglieri e mai le invierebbe in un paese in cui il traffico d’armi è una risorsa economica di primo piano.
Presa una bastonata sul piano militare che in qualsiasi democrazia costituzionale avrebbe portato alle dimissioni immediate del governo, Putin ha cambiato strategia. Prima si è messo a minacciare il mondo di usare il nucleare, poi ha concentrato le truppe per prendere il Donbass. Ha messo 90 giorni per espugnare tremila militari ucraini a Mariupol dopo aver distrutto la città ed adesso si concentra su centri abitati di piccole dimensioni che non dispongono nemmeno delle difese di Mariupol, un porto mercantile di un qualche rilievo. L’obiettivo dei Russi era Odessa non Mariupol, chiedete ai marinai del Moskva, l’ammiraglia affondata dai droni ucraini.
Così l’obiettivo principale nel Donbass era Kharkiv, un milione di abitanti, non cittadine di cui nessuno fuori da quella regione ha mai conosciuto il nome e l’esistenza. Ma ecco che subito sono riemersi gli ammiratori dell’irresistibile potenza russa che schierati dieci carri dieci di nuova generazione li ha affiancati con i residuati della Seconda guerra mondiale recuperati nei musei militari. Il tempo che arrivino nuove armi e l’Ucraina sposti le truppe e l’avanzata russa nel Donbass finirà come quella nel resto del paese e pure peggio, perché la Russia ha avuto più perdite in due mesi di operazione speciale in Ucraina che in nove anni di Afghanistan e ha avuto perdite nei battaglioni di élite e nei ranghi dei suoi alti ufficiali.
Gli amici della Russia, sono davvero tanti, vogliono fare ora il negoziato sullo status quo, prima che l’Ucraina si riposizioni e contrattacchi.
Sono le dichiarazioni dei media vicini al governo russo sul ricorso all’atomica, a dimostrare le difficoltà di Putin. Un’operazione speciale di pochi giorni che diviene una guerra mondiale? Nemmeno gli stessi comandi russi che già faticano a farsi obbedire dalle truppe sul campo sarebbero disposti ad eseguire una simile catastrofe.