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La riforma della Riforma

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
17 Maggio 2024
in L'editoriale
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La principale obiezione mossa dalla voce repubblicana alla riforma costituzionale proposta dal governo, concerne il metodo, prima che il merito. Una Costituzione scritta da un’Assemblea Costituente in un sistema elettorale rigorosamente proporzionale non presume necessariamente di poter venir riformata da un parlamento che dispone di un premio di maggioranza. Soprattutto con il precedente storico di quella che veniva definita “legge truffa”. Per essere certi di avviare una riforma pertinente al dettato costituzionale, perché forma e sostanza del corpo elettorale coincidano, si convochi una nuova Assemblea costituente eletta con un sistema elettorale proporzionale. Sono vent’anni che ogni maggioranza promuove una riforma costituzionale senza successo. Anche se vincesse il referendum, nulla impedirebbe all’opposizione sconfitta promuovere in un secondo tempo a sua volta una diversa riforma. Da qui il rischio che si vada avanti così per altri 50 anni. Invece di avere un sistema più stabile ne avremmo uno in cui si spreca più tempo inutilmente.

Nel merito, è perfettamente lecito proporre una riforma che accentri i poteri sul governo od il capo del governo, piuttosto che sul parlamento e nulla impedisce una concezione della democrazia repubblicana diversa o opposta alla nostra che invece fa del parlamento il centro politico del potere. Magari servirebbe avere ben chiaro l’obiettivo che si intende dare al paese per evitare di commettere errori durante un percorso tanto delicato e complesso. Di tutti i governi che si sono impegnati in una riforma costituzionale, questo attuale è quello più confuso a riguardo. Quasi viene da rimpiangere il governo Conte che voleva modificare la Costituzione per far risparmiare lo Stato. Il presidente Meloni ha invece detto di volere il premierato ma di non essere contraria al presidenzialismo, da cui il dubbio che in mente abbia il secondo che richiede più coerenza. Un presidente eletto, semplifica ed unifica il vertice dello Stato. Con questo premierato, non si capisce a cosa mai serva un presidente della Repubblica, giusto a ratificare il voleri del premier eletto direttamente, a tagliare nastri. Ne consegue una serie di argomenti bizzarrissimi, la proposta di un “premierato non elettivo” del senatore Ceccanti, che possono giusto appassionare la cerchia degli specialisti, non i cittadini.

Anche il professor Panebianco si è esercitato in argomentazioni degne di nota. Il professore ha appena scritto che la riforma meriterebbe di essere riformata. perché a suo avviso non funzionerebbe proprio. E badate, Panebianco non discute il testo costituzionale, ma proprio ed esclusivamente il sistema elettorale. Serve il doppio turno, o un nuovo sistema di voto degli italiani all’estero. Quindi Panebianco è favorevole alla proposta costituzionale del governo, discute la cornice della legge elettorale che pure si può modificare tranquillamente con legge ordinaria. Si potrebbe dire che il professore è uno dei padri nobili di una concezione stabile del sistema, che come ha spiegato anche nel suo articolo del 13 maggio scorso sul Corriere della sera, è imposta da tempi tanto complessi e difficili come questi.

Il limite dei grandi costituzionalisti è di prendere troppo sul serio i progetti costituenti .Il premierato esiste in una forma molto singolare in Inghilterra dove una Costituzione non c’è da più da due secoli e pure il regime inglese è altamente stabile e perfettamente democratico e non perché monarchico, ma proprio perché il parlamento inglese un re lo decapitò nel 1600 e da allora la Corona si muove con un certo garbo. L’attuale governo italiano si ritiene, lo ricorda ogni giorno il presidente del Consiglio, stabile ed efficiente. Dal che evidentemente non necessita di alcun testo scritto. L’abate di Sieyés ne redasse uno elaboratissimo per la Francia dove il capo del governo reggeva le fila del potere in maniera capillare. Un giovane generale lo paragonò ad “un porco all’ingrasso”. Di quella costituzione tanto prestigiosa non se ne fece un bel niente. Era il 18 brumaio del 1799. Se vuoi un sistema stabile ed efficiente, i militari sono la migliore soluzione. Oppure un politico capace, con in genere altri problemi che riformare costituzioni..

Cgil sito nazionale

Tags: CeccantiPanebianco
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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