Il governo italiano ha tutte le ragioni di voler intensificare la lotta agli scafisti ed ai trafficanti di esseri umani. In verità si credeva che già avesse intensificato, ma se ritiene di dover usare strumenti più severi e rigorosi, come ha annunciato il ministro Salvini da Pontida, nell’ambito della legalità, non solo ne ha il diritto, ne ha persino il dovere. Altresì il governo può benissimo fare accordi con i paesi di provenienza per fermare gli sbarchi alla fonte. Sono stati stipulati accordi con i Tuareg, figurarsi se non si possono firmare con gli Stati. Si credeva che il governo italiano ne avesse trovato uno con la Tunisia. Se poi deve rinegoziarlo o ridefinirlo, benissimo. Il governo vuole poi convincere l’Unione europea a monitorare con la marina italiana il Mediterraneo per respingere i migranti? Bisognerebbe magari prima discutere del ruolo delle navi ong, ma anche questo è una sua prerogativa, si muova una flotta sul Mediterraneo tale da riesumare lo spettro dell’Invincibile Armata di Filippo II di Spagna.
Una sola preghiera va rivolta al governo, guardi meglio le mappe. L’Europa non è l’Australia. L’Australia è un’isola circondata da grandi squali e se i ministri del governo di quell’isola avvisano i naviganti che tentando di sbarcare illegalmente verranno lasciati in pasto ai pesci, non c’è il Papa a dire loro di accoglierli comunque i miserelli. L’Australia può farlo eccome il blocco navale, che se sufficientemente esteso, dovrebbe in teoria funzionare. L’Europa, ahinoi, non ha solo il Mediterraneo da pattugliare, ha anche il continente via terra. Metti che riesci a fermare davvero i migranti dal Mediterraneo, se quelli prendono un giro lungo dalla Siria alla Turchia, al Montenegro, in un anno te li ritrovi a Trieste invece che a Lampedusa. Bisognerebbe per lo meno che il governo localizzasse i principali Stati di partenza della migrazione che ci si rivolge. Se i dati del ministero degli Interni sono esatti, la maggioranza di questi migranti arriva dall’Egitto, 20 mila su settantamila. I migranti che vengono dall’Egitto partono dalla Tunisia? E perché l’onorevole Meloni, vista la massa di clandestini egiziani giunti sulle nostre coste, non cerca anche un accordo con il governo egiziano? Un regime militare come quello del Cairo dovrebbe avere una maggiore facilità nel controllare le partenze rispetto ad un regime tunisino che ha da poco chiuso il parlamento. Ci saranno anche marocchini e tunisini che provano la traversata, ma i paesi di maggior provenienza dopo l’Egitto, risultano Costa d’Avorio e Ghana. La Costa d’Avorio è una vecchia colonia francese, ancora un caposaldo dell’area francofona. Quando il presidente Gbabo, nel 2001, provò a rompere con la Francia, subì un colpo di Stato che c’è la Legione straniera schierata a 10 chilometri da Abidjan. La Costa d’Avorio ha un certo livello di emancipazione economica e coloro che si incamminano sulla rotta dell’emigrazione evidentemente sono attratti dalla possibilità di incrementare le loro prospettive di benessere. Il Ghana era anche nell’area francoafricana, sino al 2018, quando subì un colpo di Stato in senso inverso a quello ivoriano. Oggi la situazione è instabile ed è possibile che coloro che scappino siano dei perseguitati politici, non dei migranti economici. In ogni caso con entrambi questi paesi fare accordi sarà difficile. La Costa d’Avorio ne ha già con la Francia, ed il Ghana, che li ha rotti, non sarà per farli con l’Italia.
Il nostro solo accordo con la Tunisia dovrebbe impedire a tutti questi migranti di raggiungere la costa tunisina per imbarcarsi. Il governo italiano sembra ignorare che storicamente il punto di approdo principale per attraversare il mare Mediterraneo, non é la Tunisia, ma la Libia, e con la Libia servirebbero almeno due accordi distinti che nessuna delle autorità locali potrebbe rispettare. Il buon Minniti aveva avuto la geniale idea di coinvolgere le tribù del deserto per ovviare. Anche lui senza grandi risultati, se non per le tasche dei beduini magari. Egitto, Costa d’Avorio, Ghana, alimentano la massa dei settantamila migranti arrivati in questi mesi sulle nostre coste, quando in Africa ci sono decine di altri Stati per un miliardo e mezzo di persone. Anche se solo mille di abitanti per ogni singolo Stato sentisse il bisogno di emigrare in Europa, sarebbe un problema complesso da affrontare. Probabile che siano mille al mese a volersene andare e questo ogni mese. Il lato debole del negoziato è la stabilità dei regimi in questione. Magari il governo africano viene rovesciato, oppure ha un accordo più solido con gli stessi scafisti. Bisognerebbe mettere nel conto che alcuni degli scafisti stiano al governo dei paesi da cui si emigra. In Africa non bastano gli investimenti. Servirebbe una grande rivoluzione democratica, quella che pure vagheggiava la presidenza Obama, proprio per correggere le inutili prebende offerte da Bush. Gli investimenti invece serviranno da noi, in cultura ed in istruzione innanzi tutto, quando ci si accorgerà che nemmeno affondando i barchini a colpi di mitraglia, Salvini e Meloni riusciranno a fermare i migranti. La storia dei nostri continenti, la storia dell’Europa. è una storia di migrazioni, spesso compiute nell’ombra e dolorose come quella a cui vorremmo opporci vanamente e pure invocando “la rivoluzione copernicana”. Certo, la rivoluzione copernicana a rovescio.
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