Alla fine della fiera il governo Meloni è arrivato alla soluzione che abbiamo chiesto di intraprendere fin dal primo giorno, ovvero trovare un’intesa con la Francia. Questo significa salutare le signore Le Pen, voltare le spalle ad Orban, ed incontrarsi e discutere con il presidente Macron, esattamente come è avvenuto l’altro giorno. Quali che possano essere poi le scelte e le soluzioni da intraprendere, nessuno garantisce della loro efficacia, non ci facciamo illusioni. Si evita invece di andare dritti al fallimento, esattamente come è accaduto con l’improvvisazione, a dir poco fantasiosa, tenuta fino a ieri. Pagare un promesso dittatore, razzista per giunta, per dare una stretta repressiva su dei disgraziati è ignobile moralmente e politicamente disdicevole. Se si decide di farlo, per lo meno che tale porcheria risulti efficace. La Francia ha avuto rapporti intensi con Tunisi per più di settant’anni, è l’unico Stato europeo che può dare qualche garanzia a riguardo. Se la Francia non vuole nemmeno entrare in una simile partita, il governo italiano e la Commissione sprecando tempo e denaro, dilapidano anche il prestigio. Se poi Francia ed Italia intendono esercitare pattugliamenti congiunti sulla costa tunisina, l’accordo con Saied non vale niente. Almeno si chiarisce la situazione.
La Francia ha una presenza in Africa diffusa e persistente, il presidente Macron sostiene da tempo che la France Afrique non esiste più e potrebbe anche essere, basta intendersi sul suo significato. Certe relazioni di interdipendenza sono dure da cancellare. La Francia conosce regimi, uomini politici e ovviamente militari africani di cui noi italiani non abbiamo nessuna idea, al punto che un nostro ambasciatore circolava per il Congo con la protezione di un carabiniere e di un autista. Alla Farnesina sono utili per le condoglianze. L’Italia ha solo frequentato Gheddafi e pure non ha capito nemmeno nulla sulla Libia. Se, come ha detto anche il ministro degli Esteri Tajani, ci si è convinti di un impegno comune, bisogna disporre innanzitutto del supporto del principale paese confinante. Come si può solo pensare di affrontare la questione migranti senza una stretta correlazione con Parigi? Una tale necessità dovrebbe essere sufficiente per superare o ammorbidire qualsiasi contrasto. Escluso il governo Draghi che ha steso infatti un protocollo cordiale, gli altri governi della legislatura sembravano divertirsi a mettere le dita negli occhi di Macron e lo stesso stava facendo il governo attuale. Se volta pagina, meno male. Per farlo bisogna rinunciare da subito a certe velleità di grandezza e guardare da più vicino la situazione reale. Macron ha pazientemente ricordato che i migranti provengono principalmente dai paesi dove ci sono stati più investimenti occidentali e non dai villaggi tribali rimasti a ridosso della foresta o del deserto equatoriali.
A questo punto il governo deve sbrigarsi anche ad archiviare la polemica con la Germania. Contestare Berlino perché finanzia una ong come la comunità di S Egidio, ovvero una comunità favorita ed apprezzata da tutti i governi della Repubblica indistintamente, è ridicolo. Tanto varrebbe mettere in questione il ruolo delle ong e piantarla di incensare Sant’Egidio che ha persino assunto un profilo internazionale. La Germania si allineerebbe volentieri ai comportamenti del governo italiano, come evidentemente riteneva di fare. Ultimo aspetto su cui varrebbe la pena di riflettere, il carattere repressivo dei provvedimenti che il governo continua a perseguire, come si legge anche dall’ultimo consiglio dei ministri. Il governo è sovrano, ci mancherebbe e vede minacciata la sovranità nazionale dai tanti arrivi. Ahilui, una Repubblica democratica civilizzata non può unicamente ricorrere a misure poliziesche per gestire un fenomeno come quello migratorio, soprattutto non può farlo con il controcanto quotidiano che proviene dalla Curia e dal Papa. E cosa obiettare al Vaticano? Mai tutti i disgraziati sbarcati illegalmente fossero dei criminali, sono pur sempre esseri umani. O forse l’Europa non è più cristiana?
Foto della Galleria della Presidenza del Consiglio