Non sono state smentite le notizie di agenzia riguardanti il licenziamento del signor Rocco Casalino da capo ufficio stampa del gruppo alla Camera del movimento cinque stelle. Riteniamo quindi opportuno far sapere a simpatizzanti ed iscritti del Pri che il capo ufficio stampa o il porta voce del partito repubblicano è stato retribuito esclusivamente secondo la consuetudine consolidata nella tradizione politica del Pri. Per quello che riguarda la nostra esperienza diretta possiamo affermare con sicurezza che il capo ufficio stampa del partito dal 1986 al 1994, l’amico Oscar Giannino, era stipendiato dal partito. Il suo successore, Riccardo Bruno, dal 1994 al 1999, in quanto membro di direzione e redattore della voce repubblicana, svolse l’incarico di capo ufficio stampa a titolo gratuito. I successivi capoufficio stampa, la dottoressa Pontecorvo e la dottoressa Capotondi erano retribuiti dal partito. Il portavoce del Pri dal 2010 al 2013, Riccardo Bruno era ancora impiegato a titolo gratuito.
Se i presidenti dei gruppi parlamentati repubblicani disponessero di un capo ufficio stampa o meno, questo era nell’ambito delle proprie funzioni preposte e delle relative disponibilità di cassa, mentre i gruppi parlamentari repubblicani non hanno mai avuto capo uffici stampa, disponevano di centri studi e rispondevano al capo ufficio stampa del Pri.
Aggiungiamo che tutti i collaboratori del partito repubblicano impiegati presso il governo e le Camere o assolvevano agli incarichi loro affidati sulla base di un mandato diretto e fiduciario o altrimenti timbravano il cartellino. Non è mai capitato nel partito repubblicano che qualcuno venisse licenziato perché non si è mai recato in ufficio, come pure abbiamo letto per Casalino, o perché rispondesse a persona terza rispetto a chi lo ha insediato in un incarico istituzionale, si trattasse pure del segretario nazionale o del presidente del Partito.
I fondi del Partito repubblicano e quelli dei gruppi parlamentari non sono mai stati comunicanti. Il partito repubblicano non ha mai chiesto agli eletti di versare i soldi del loro stipendio al suo amministratore o a qualche sua associata. E’ capitato invece che l’amministrazione si facesse carico delle spese degli eletti.
E’ un po’ troppo facile fare la lotta contro il finanziamento ai partiti quando poi se ne scaricano i costi sulle istituzioni della Repubblica. Stendiamo infine un velo pietoso sulle lezioni di moralità pubblica che da un simile pulpito si vorrebbero propagare.