Se si sostiene, come pure ha fatto Barak Obama, che Israele eserciti “un’occupazione insopportabile”, allora non si possono anche ritenere “ingiustificabili” le azioni compiute da Hamas, in quanto ,esse divengono proprio giustificate dall’insopportabilità dell’occupazione israeliana. La dichiarazione di Obama, rilasciata ieri, esprime questa pericolosa contraddittorietà, proprio quando l’America ha un presidente che proviene dal suo staff. Il mondo potrebbe essere autorizzato a credere che Biden non la pensi poi troppo diversamente da Obama, per quanto a differenza di Obama Biden ha una esperienza di politica internazionale precedente e ben superiore. In ogni caso bisognerebbe sapere se questa osservazione di Obama riguardo all’occupazione israeliana, non fosse anche la sua convinzione nel pieno esercizio del suo mandato. In tal caso, mai la sua politica in Medioriente si fosse svolta sulla base di un simile presupposto, diventa facile capirne il fallimento prima e le drammatiche implicazioni che ne sono scaturite poi. Nel 2011 Obama fissò, non si sa sulla base di quale principio, la decisione del ritiro americano dall’Afghanistan per il 2021. Tanto valeva che se ne occupasse la sua presidenza piuttosto che scaricarlo su un’ altra. Mentre nel 2014, davanti all’invasione della Crimea, propose delle insulse sanzioni alla Russia, quando semmai bisognava schierare la flotta nel mar Nero. Non c’è da stupirsi di cosa sia avvenuto successivamente. L’Occidente non ha più la forza di combattere e di difendersi. Se poi a Gaza avessero avuto anche solo il sentore del pensiero di Obama su Israele occupante, ecco che si spiega il 7 ottobre scorso, preparato infatti da dieci anni, ovvero dal tempo della presidenza Obama. E non vale nemmeno la pena di parlare della guerra alla Libia con Sarkozy, l’impulso dato alle rivolte arabe, subito arrestate davanti alle dittature militari. Obama era andato al Cairo ad offrire la mano tesa. A momenti gliela tagliavano ed aveva pure offerto il nucleare all’Iran. Se l’obiettivo era mettere l’Occidente alle corde, bene, Barak ci è riuscito alla grandissima.
L’America con la presidenza Obama ha toccato il punto più basso della sua intera storia ed è quasi un miracolo per come ha saputo reagire ai suoi errori, in Ucraina, prima ed anche adesso in Medioriente, dove pure il terreno è minato, La tela diplomatica che il sottosegretario Blinker sta stendendo è formidabile, e lo è perché è sorretta da due portaerei e un sottomarino nucleare che son già nel Mediterraneo. Non c’è solo l’Iran a cui far abbassare la cresta, ma anche e soprattutto la Turchia, mentre per Hezbollah, dei pagliacci, basta ed avanza Israele. Il vero cruccio è la Turchia che pure corrisponde all’unica intuizione giusta di Obama, liberarsi di Erdogan. Purtroppo fallì il colpo e questo tentativo, ha contribuito a radicalizzare il presidente turco. Bisogna vedere se si riesce a rabbonire ora, perché altrimenti la NATO sarà messa a dura prova. L’Onu invece si può abbandonare a se stesso.
La parabola di Obama è stata devastante ed è un esclusivo merito di Biden se si è iniziati a risalire per quanto a fatica anche perché come si vede l’Obama care, continua nei campus come nell’industria holliwoodiana, Angelina Jolie docet e inevitabilmente si riflette nelle oscillazioni della grande stampa, persino nel desiderio generale di disimpegno del Congresso. Nixon era un interventista, Obama un isolazionista, caso raro di rimescolamento dei codici genetici dei due principali partiti statunitensi.
Sotto questo profilo Biden è stata una cura rigenerante per la politica estera americana, si potrebbe persino definire la sua una presidenza eroica, iniziata sotto la disgraziata circostanza dell’abbandono di Kabul, un bersaglio per la critica mondiale, una prova superata brillantemente, in verità visto le condizioni in cui era stata predisposta dai suoi predecessori, perché anche Trump ci ha messo del suo. E’ merito di Biden se l’Ucraina è ancora uno Stato indipendente, e adesso la sua presidenza si misura con la sfida più ardua a Gaza. Biden ha idee molto chiare su Israele e Hamas e gli servirebbe un altro mandato per uscire vincitore da questa situazione. Qui ci scontriamo con il suo autentico punto debole, l’età avanzata. E’ vero che si pensa di affidare all’88enne Abu Mazen il futuro della Striscia, ma queste sono proposte surreali, tanto che Trump ha ripreso quota nei sondaggi. E Trump è un continuatore della politica internazionale di Obama, tranne su Israele. Quale che ne sia il motivo l’unica cosa positiva della presidenza Trump è che egli non pensa affatto che Israele occupi qualcosa che non sia suo, Per Trump, uno Stato i palestinesi ce l’hanno già, ovvero la Giordania.