Con tutto il rispetto per i defunti bisogna averne anche per la storia e davvero se ne sono sentite un po’ di troppo grosse e nel giro di poche ore. Al Tg1 dove già avevano annunciato che nel 1946 la monarchia aveva vinto il referendum costituzionale, questa volta hanno detto che Berlusconi aveva fatto finire la guerra fredda a Pratica di Mare. Ora con tutta la buona volontà la guerra fredda è finita dieci anni prima con lo scioglimento dell’Unione sovietica e Berlusconi si occupava di altro. A corto di argomenti, se si chiede una riforma fatta da Berlusconi davvero non si sa cosa dire e nemmeno ha bonificato la palude pontina. Per cui qualcuno ha ricordato la tenuta occidentale, quando l’Italia non potrebbe uscire dall’Occidente nemmeno volendo. L’Occidente è concetto greco romano. Semmai l’Italia potrebbe uscire dall’alleanza Atlantica, siamo pur sempre un paese mediterraneo e Berlusconi ha difeso l’adesione alla Nato. Anche i detrattori di Berlusconi le sparano grosse. Marco Travaglio, di aver fatto la guerra all’Iraq. Berlusconi in Iraq fece una missione di pace volta alla stabilizzazione della Regione a guerra terminata. L’unica guerra a cui ha partecipato l’Italia dopo il 1945 è stata quella in Serbia, governo D’Alema 1999. Berlusconi merita un giorno di festa nazionale solo per tanto sciocchezzaio. Poi per aver subito una persecuzione giudiziaria senza precedenti nella storia della Repubblica, tanto più incredibile perché nei suoi lunghi anni di attività imprenditoriale e finanziaria nessuno si era mai accorto di trovarsi di fronte il Nemico pubblico numero 1. Dopo nemmeno otto mesi che era presidente del consiglio gli arrivò un avviso di garanzia a mezzo stampa, ed il direttore del Corriere della Sera di allora, Paolo Mieli, ancora si dice stupito del perché la procura non lo convocò per ascoltarlo sul caso, dal momento che fu lui a pubblicare una notizia che ancora nessuno aveva. Un giorno magari gliela spieghiamo noi a Paolo Mieli la ragione, se mai avrà la bontà di chiedercelo.
Già bisogna difendere la memoria di Berlusconi, in un senso ed in un altro. Un carissimo amico, Alessandro Cecchi Paone ha detto che prima di lui la televisione italiana era provinciale. E pure c’è chi rilancia che “il berlusconismo è la più grande catastrofe culturale del nostro tempo. Forse anche peggio del fascismo”. Questo perché “il berlusconismo ha introdotto la cultura di mercato, quella in cui tutto si compra e si vende, dai senatori alle minorenni”. In verità non sappiamo cosa sia il “berlusconismo”, sappiamo Berlusconi membro del Partito popolare europeo ed il partito Popolare europeo non ha una qualche corrente berlusconiana al suo interno. Quanto al fascismo fate attenzione, il fascismo ha disposto di una cultura piuttosto notevole, considerando Gentile in Italia, Heidegger in Germania, ed in Francia Brasillach, Drieu la Rochelle, Celine che è edito dalla stessa casa che edita le opere, meno importanti per le vendite, di Dacia Maraini. La cultura democratica segna spesso il passo rispetto a quella del tempo fascista, ben più ampia di quella appena citata ed a volte ne dipende. Croce fu il primo a tradurre le opere di Sorel, il punto di riferimento intellettuale di Mussolini. Anche il socialismo sovietico ha avuto una cultura straordinaria, di regime, di dissenso e quella non schierata. La Rai che Cecchi Paone definiva provinciale, era quella in cui Carmelo Bene leggeva le poesie di Pasternak, Esenin e Majakovskj in prima serata, che trasmetteva “Le uova fatali” di Bulgakov ed il cinema di registi completamente scomparsi dalla televisione. Oshima, Costa Gavras, Jancso. Vorremmo vedere una televisione di Stato così anche oggigiorno. Poi ci sono società completamente prive della cultura di mercato, i romani lo disprezzavano più dei marxisti, e pure compravano senatori e minorenni lo stesso, insieme ai sicari. Silla, privo di cultura di mercato, amava abbondare.
Accusare Berlusconi, di vuoto culturale è un po’ troppo facile. È come accusare la Rai che programmava i “Fratelli Karamazov”, invece di “Un posto al sole”, di provincialismo. Certo Berlusconi poteva far trasmettere sulle sue televisioni L’Orlando Furioso di Ronconi, farsi odiare da milioni di italiani e fallire in tre settimane. La Rai invece non era obbligata a competere con le televisioni commerciali, possiede il canone. Per carità, Berlusconi come tutti aveva difetti e faticava ad ammetterli. Ma mai uno grandioso come quello di certi suoi avversari che non odiavano Berlusconi, ma solo la cultura di mercato con cui Berlusconi era diventato ricco. E così tanti non amano Berlusconi, ma solo quella stessa cultura di mercato con cui per lo meno si mantengono.