Può benissimo essere che se la gauche ritiri il suo candidato per sostenere quello di Macron dove questo è più forte, e viceversa, si riesca ad ostacolare l’ipotetico successo di Marine Le Pen al doppio turno della prossima settimana. Altrimenti, lo si favorisce. Non è affatto detto che l’elettorato di riferimento di un candidato non trovandolo più, obbedisca alle istruzioni di schieramento. Magari si astiene, o addirittura preferisce la destra.
La destra francese è sempre stata un fenomeno storico complesso che per la verità ha poco a che fare con il fascismo in quanto tale, dal momento che la Francia è uno dei pochi paesi europei a non avere avuto un governo fascista, lo ebbe collaborazionista, che è cosa molto diversa. Sebbene uno degli studiosi più importanti del ‘900, Ernst Nolte, sostenesse nel suo monumentale Il fascismo nella sua Epoca, che addirittura questo fosse nato in Francia nelle idee di Charles Maurras, il capo dell‘Action Française, la tesi era molto azzardata. Intanto perché servirebbe dimostrare dove Mussolini avesse meditato su Maurras, poi perché Maurras ha un guazzabuglio di argomenti davvero inestricabile salvo tre costanti, l’antisemitismo, il fascismo italiano non era antisemita fino al ’38, l’antigiacobinismo, Mussolini fece una marcia su Roma che ricordava quella su Versailles, e il cattolicesimo romano, Mussolini non aveva particolare simpatia per la chiesa, quale che fosse. In parole semplici l’Action Française di Maurras aveva un programma di restaurazione medievale che ad ascoltarlo il capo del fascismo di formazione socialista, sarebbe rabbrividito, esattamente come Maurras che aveva invece simpatia per Mussolini, rabbrividì davanti ad Hitler di cui pure condivideva un tratto essenziale, l’odio più forsennato verso il popolo ebraico. Il motivo fondamentale dell’avversione di Maurras verso Hitler, cosa che poi gli avrebbe salvato la vita a guerra finita, era invece semplicemente il vecchio nazionalismo francese incompatibile con quello tedesco. L’antigiacobino Maurras avrebbe, se potuto, combattuto con l’esercito giacobino sul Reno per altri cento anni. Il punto storico accertato è invece che il Front National di Le Pen, Jean Marie, non c’entra niente con tutto questo putiferio ideologico. Le Pen padre era semplicemente un pudjadista, ovvero un populista degli anni ’50 che sosteneva la battaglia degli agricoltori e dei commercianti contro le tasse. Jean Marie aveva persino militato nella resistenza e poi nella legione straniera, era un tipaccio, fondamentalmente. Il suo momento di forza fu la perdita della Francia coloniale, allora si ritrovò l”Oas e i Pied Noirs dalla sua parte e raccattò tutto quello che restava della vecchia Francia agonizzante, persino i monarchici e come modello organizzativo pensò al movimento sociale italiano con cui pure non c’entrava niente, quelli erano reduci di Salò, lui appena sapeva dove fosse il Garda. Comunque finì con il difendere le camere a gas, tanto da essere sbattuto fuori dal suo stesso partito, dato che la figlia, Marine, non è antisemita.
Tale è la complessità del Rassemblement national che bisognerebbe se davvero si vuole costruire una alleanza elettorale fra socialisti e liberali, uno straccio di programma politico, indicare una prospettiva. Non bastano le parole d’ordine come non bastarono in Spagna nel 1939 davanti al franchismo. Macron e Melenchon dovrebbero sedersi ad un tavolo con tutte le parti, come fece Prodi nel 1996, perché anche Berlusconi allora non si poteva semplicemente tacciare di fascismo e per sconfiggerlo serviva un’azione politica articolata. La stessa cosa vale ancora oggi per l’Italia. Si può benissimo sperare che le inchieste di Fan Page e lo sciocchezzaio infinito di Salvini alienino le simpatie dell’elettorato per il centrodestra, cosa che in parte pure sta avvenendo. Se però si fosse capaci di elaborare un progetto politico condiviso, invece che lanciare slogan geometrici evanescenti, e ballare sui carri del gay pride, sarebbe anche meglio.
Demaine de Vizille, Musèe de la Révolution Française