Fortuna che questo paese può sempre contare su un grande sindacato dei lavoratori attento ai problemi dello sviluppo. Per quanto la situazione politica possa essere arretrata ed il governo si mostri del tutto incapace di rendersi conto delle difficoltà a cui va incontro, magari, qualche ministro incompetente nemmeno si accorge della gravità della crisi, pavoneggiandosi vanamente, ecco che il grande sindacato dei lavoratori sta già preparando un piano utile per ripartire.
Questo grande sindacato dei lavoratori, ovviamente, non è corporativo, e quindi preoccupato delle sole condizioni dei suoi associati. Al contrario, esso guarda alla massa dei disoccupati che per quanto appaia contenuta dalle statistiche, non riesce ad incidere né sul prodotto lordo, dimezzato rispetto alle previsioni del governo, ed adesso allo zero, né sulla crescita industriale, addirittura scesa in negativo. L’occupazione è diventata, in pratica, una variabile indipendente. Anche per questo, il grande sindacato dei lavoratori che vantava fra le su fila Di Vittorio e Lama, non ha mai proposto il salario minimo. La Cgil chiedeva l’aumento del salario attraverso la contrattazione per non gravare burocraticamente sulle possibilità economiche delle imprese. Nella realtà economica italiana, lo Stato può indebitarsi fin che gli pare e infatti continua a farlo, quando aziende private non possono permettersi di stanziare un salario in astratto. Bisogna decidersi se è meglio guadagnare poco che non guadagnare affatto. La principale preoccupazione di questo grande sindacato è la redistribuzione del reddito, anche per ovviare ai problemi salariali.
La settimana scorsa è successa una cosa curiosa. Un professore universitario di discipline artistiche ha ricordato durante una trasmissione televisiva quando il ministro Bruno Visentini fissava le aliquote fiscali. La massima al 70 per cento, per i ricchi e quella al dieci per i poveri, d’accordo con i sindacati. Ecco, ha detto il professore, che nel 1973 era appena nato, come il centrosinistra si preoccupava dell’eguaglianza. Per l’appunto, quella politica ebbe successo, consentendo poi un maggior livellamento fiscale, essendo riuscita a far diffondere una maggiore ricchezza. Se oggi siamo tornati ad una sproporzione tra classe agiata e povera, il grande sindacato dei lavoratori trova davanti a se la strada già tracciata della politica dei redditi, non del salario minimo che potrebbe rivelarsi insostenibile, soprattutto quando i privati stanno chiudendo i battenti. A proposito, da questo grande sindacato si aspetta una proposta sull’energia. Non può certo essere convinto che la strada delle rinnovabili aiuti la produzione, più di tanto. Per lo meno in Italia, dove abbiamo costellato, a care spese, intere regioni di pale eoliche, senza accorgersi che mancava il vento. Quello lo trovi sulle coste dello Schleswig-Holstein, non nell’entroterra del Tavoliere pugliese.
L’aspetto che poi proprio non si deve mai stancare di sottolineare, è che questo grande sindacato del lavoro, non si perde in polemiche ideologiche. Esso si è infatti saputo affermare nonostante una tradizione tutta italiana del secolo passato affondata nella dottrina rivoluzionaria. C’era in Italia un sindacalismo che riteneva inutile la democrazia, considerata un mero prodotto borghese, e quindi ogni istanza riformatrice, un processo degenerativo del proletariato. Quel sindacalismo rivoluzionario credeva soltanto nella rivolta sociale e puntava tutto sulla lotta, soprattutto violenta. meglio se violenta. Un sindacalismo, non di origine operaia, ma bracciantile, che ruppe con il socialismo da cui pure proveniva, per sfociare in un fenomeno nuovo per l’epoca, completamente imprevisto. I suoi protagonisti più famosi, si ricordano rapidamente, Alceste De Ambris, Cesare Rossi, Filippo Corridoni, Benito Mussolini. La vera testa pensante di questa eterogenea combriccola, che prevedeva anche D’Annunzio, era però Angelo Oliviero Olivetti, personalità che tanto piace al nuovo ministro della Cultura. Olivetti scriveva cose tipo, “la nostra società muore per mancanza di tragedia”. Ancora non si conosceva Landini.
Cgil