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Meloni per la stabilità dell’Italia nel Mediterraneo

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
30 Agosto 2022
in Attualità / Politica
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Ora che la campagna elettorale è entrata nel vivo la domanda su chi dovrebbe sostituire Draghi a Palazzo Chigi, non è oziosa come potrebbe sembrare. Mai si erano viste forze politiche candidate alla guida del governo chiedere a chi è stato da loro dimissionato il giorno prima, di risolvere i problemi che dovrebbe affrontare il governo del giorno dopo, quello della prossima legislatura. Si chiede ai cittadini di votare per andare avanti, e i partiti, gli stessi che hanno appena sfiduciato l’esecutivo, tornano indietro.  Gli amari frutti dell’inconsistenza.  Bisogna riconoscere che per lo meno si distingue Fratelli d’Italia, priva di dubbi a riguardo. E’ tempo di una guida al femminile di nome Giorgia.

Mai il capo dello Stato all’indomani del voto affidasse l’incarico di formare il governo all’onorevole Meloni, saremo in rispettosa attesa. Se invece il Quirinale optasse per altre soluzioni, facciamo garbatamente presente al presidente della Regione Liguria, Toti ha già paventato il colpo di Stato, che il parlamento è libero di raccoglierne le indicazioni. A maggior ragione, se sulla scheda elettorale il centro destra ha fatto sparire un suo cavallo di battaglia ventennale, il nome del candidato alla guida del governo. Questa cosiddetta coalizione non ha trovato un’intesa sulla presidenza del consiglio e non molto meglio ha fatto il centrosinistra che privo di un programma, non ha nessuna idea di chi dovrebbe realizzare cosa.   Allora abbiamo ragione di apprezzare Carlo Calenda. Dopo aver detto che lui sarebbe perfetto come presidente del Consiglio, ha aggiunto che Draghi e ancora più perfetto. Lo stesso pensiamo noi.  

Questo non significa che la candidatura dell’onorevole Meloni non meriti la massima attenzione, anzi. Su un tema rilevante come l’immigrazione clandestina, il leader di Fratelli d’Italia ha subito mostrato la sua caratura, chiedendo “una missione europea per bloccare le partenze, in collaborazione con le autorità libiche”. Dall’alto della sua esperienza internazionale, l’onorevole Meloni ha poi ricordato come L’Europa abbia trattato ad est con la Turchia. Perché allora l’Italia è stata abbandonata sulla rotta Mediterranea? Secondo l’onorevole Meloni perché “probabilmente andando in Europa a chiedere una missione per stabilire in Africa chi ha diritto allo status di rifugiato e distribuire solo i rifugiati, potrebbe essere preso più seriamente in considerazione della pretesa del governo italiano di fare entrare nel Paese migliaia di irregolari, che le altre nazioni non fanno entrare, e poi chiedere agli altri di prenderseli”. Caspita. Una posizione da statista. No, non lo è per niente. L’onorevole Meloni dimentica le dimensioni della costa mediterranea, per cui non si tratterebbe di un negoziato con un solo paese, come la Turchia, ma di un insieme di paesi. Egitto, Libano, Libia, Algeria, Tunisia, Marocco. Purtroppo per l’onorevole Meloni, alcuni altamente instabili, in particolare la Libia, il principale che ci riguarda, è in piena guerra civile e non da oggi.

Gheddafi usava i migranti per condizionare i rapporti con l’Italia. Quando c’era un problema quale che fosse, faceva partire i barconi. Altrimenti, avrebbe aperto le prigioni. Da quando non c’è più Gheddafi, con chi, di grazia, pensa il futuro presidente del consiglio, onorevole Meloni, di poter stilare un accordo plausibile? I nostri partner europei conoscono meglio la situazione in Libia e non ci perderebbero tempo. Bisognerebbe mandare le truppe, i parà della Folgore tornerebbero utili, e schierare le cannoniere per gestirla. Tanto che una mente pacifica e sottile come quella dell’onorevole Minniti, ministro degli Interni del governo Gentiloni, ebbe una trovata formidabile, trattiamo direttamente con le tribù. E davvero Minniti si mise al lavoro inviando i suoi ambasciatori presso i tuareg del Magreb.  Conosciamo le tribù dalle pagine di Fenimore Cooper.  Un capo si accorda con i bianchi, allora il genero scende sul piede di guerra, un nipote prima ancora ti scotenna. Questo nelle foreste del Dakota. Nel deserto ti danno in pasto alle formiche. Chi sa cosa è successo agli inviati di Minniti. Comunque, non vorremmo mai la responsabilità di vedere l’onorevole Meloni avventurarsi in una simile situazione romanzesca. Anche se stravincesse le elezioni, meglio lasciare fare ancora a Draghi.

CCO

Tags: DraghiMeloni
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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