L’autentica pagliacciata allestita alla Casa Bianca per annunciare il giorno della presunta liberazione, ha avuto un solo scopo di distrazione di massa. Bisognava distogliere l’attenzione dal fallimento clamoroso della presidenza Trump a soli due mesi dall’insediamento, la pace in Ucraina. In campagna elettorale Trump aveva promesso che l’avrebbe ottenuta in 48 ore, poi in un mese. Adesso non avrà nemmeno la tregua per pasqua. E non perché Zelensky, maltrattato ad arte nello studio ovale, non sia disposto ad accettare temporaneamente la perdita del territorio occupato. Perché Putin non può siglare nessuna pace.
Putin è costretto a continuare la guerra come ha detto il vecchio Lech Walesa in una intervista sul Corriere della Sera, perché l’ha persa la guerra, non solo politicamente. L’ha persa anche militarmente. Firmasse la pace si vedrebbe plasticamente che l’avanzata russa vantata da un’opinione pubblica invaghita a dir poco di questo maniaco criminale, in tre anni nemmeno è riuscita a tenere Kherson, prenderei Kharkiv, figurarsi Odessa. Putin ha mobilitato un milione di uomini, arruolato nepalesi, chiamato i nord coreani a combattere, comprato armi iraniane ed il risultato sarebbe quello di aver conquistato Mariupol, il centro più importante nelle sue mani che prima della guerra contava 430 mila abitanti, oggi forse centoventi mila. Come se Hitler invasa la Francia si fosse fermato a Besanzone.
Walesa è un fervente cattolico, eppure dalla sua intervista trasuda l’illuminismo che distingue i polacchi, il loro retaggio occidentale, quello per cui quando lo zarismo perseguitava gli ebrei, Casimiro il Grande offrì loro ospitalità a Cracovia. Walesa si rende perfettamente conto che un governo in carica più di dieci anni è un vulnus alla democrazia, i russi no. I russi non hanno nessuna idea della democrazia se non che questa è il nemico. Ma persino i russi, davanti ad un Putin che si presentasse loro dicendo, non ho conquistato Kyiv, non ho conquistato Odessa, ho perso tutta la Siria e con la morte di Prigozhin sto perdendo l’Africa, avrebbero qualche difficoltà a dargli ancora fiducia. Questo è il problema di Putin ed è anche il problema di Trump perché come ha rivelato il New York Times, il segreto di pulcinella, gli americani stanno combattendo in Ucraina dal 2022 e non hanno mai smesso.
Trump aveva promesso la pace in Ucraina, esattamente come il presidente Johnson nel ’68 la promise al Vietnam, magari non in 48 ore. Se Johnson poteva trattare con Ho Ci Min, perché mai non si sarebbe potuto trattare con Putin? Infatti Ho Ci Min era tanto disponibile come lo è oggi Putin. Johnson finì per portare i ventimila marines americani nella regione a cinquecento mila. Ho Ci Min aveva dietro di se un paese di guerrieri interamente mobilitato, la Russia di Putin, al fronte, deve mandare i carcerati.
Non si tratta di morire per Kyiv come si sarebbe dovuto morire per Danzica. Si tratta di far tornare Mosca in una condizione compatibile per i suoi vicini, e quindi di liberarla una volta per tutte dalla cricca incrostatasi al Cremlino che sta portando la Russia al disastro. Quando Trump si renderà conto che non è possibile fare la pace con Putin, inizierà la sua presidenza.
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