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Napo conquista Hollywood

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
18 Agosto 2023
in Cultura
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A fronte dei più di cinquecentomila titoll pubblicati su Napoleone Bonaparte, i film si contano sulle punta delle dita di una sola mano. Escluso quello italiano interpretato da Rascel negli anni sessanta, le biografie sono solo due, quella di Gance nel 1927 e quella di Guitry del ’55. La prima fu un evento straordinario di innovazione del cinema, ma una mistificazione agiografica oltre ogni limite. Gance fa arrestare Napoleone da Robespierre, che avrebbe persino emanato un ordine per affidargli la guardia nazionale al posto di Henriot! La rivoluzione trova un generale vittorioso e lo mette a presidiare Parigi, Robespierre era notoriamente imbecille. Napoleone venne arrestato in quanto creatura di Robespierre. Il film di Guitry, che amava Talleyrand non Napoleone, è invece una semplice passarella di grandi attori europei da Jean Gabin a Michelle Morgan, Maria Shell, Jean Marais, Ives Montand, fino a von Stroheim, improbabile Beethoven alla corte di Vienna. Un’opera didattica, a volte ridicola e quasi sempre noiosa. Gance si riscatterà sotto il profilo storiografico con “Austerlitz” nel 1960, fra l’altro il film consente di vedere parti affidate a De Sica e Claudia Cardinale, ma si tratta solo di un anno, narrato solidamente, dell’epopea bonapartista. Infine il russo Bondarciuk nel 1970 porterà Napoleone per la prima volta ad Hollywood con una produzione De Laurentis, “Waterloo”, cioè il capitolo finale di Bonaparte, opera imponente quanto commercialmente fallimentare. Se si vuole contare anche la miniserie televisiva di Simoneau nel 2002, qui si conclude la presenza delle biografie di Napoleone sul grande e persino piccolo schermo. Tralasciamo la Rai che si è cimentata negli anni sessanta in un Napoleone a Sant’Elena, semplicemente inguardabile. È vero che anche Marlon Brando si calò nei panni dell’Imperatore, ma la pellicola era dedicata a Desireé, la moglie di Bernadotte. L’opera più importante su Bonaparte è quella di Kubrik che non si è mai realizzata in quanto tale, ma di cui il Barry Lindon rappresenta l’anagramma. L’ascesa sociale di un giovane provinciale, coraggioso, dotato di talento con pochi scrupoli che si rovina da se stesso. Il modo tipico con cui gli inglesi vedono Bonaparte.

Non bisogna dunque scandalizzarsi se un altro regista inglese che ha appena completato il nuovo film su Napoleone in sala il prossimo novembre, Ridley Scott, lo ha paragonato ad Alessandro, Hitler e Stalin. Fu Churchill a scomodare Napoleone per Hitler che voleva invadere la sua Isola nel 1940, esattamente come avrebbe voluto fare nel 1805 l’italiano. “Voi francesi”, diceva Bonaparte ai suoi marescialli quando ci litigava. Poi in verità Hitler e Stalin potevano anche ispirarsi a Napoleone, quando lui non poteva assomigliargli per la semplice ragione che li precede in un’epoca ben diversa, così come per quanto affascinato da Alessandro, Napoleone esclude qualsiasi paragone con il macedone. Bonaparte era un maniaco delle fonti storiche, su Alessandro non ritiene di disporne di sufficienti e di credibili per valutarlo in qualche modo. Il modello di comparazione di Napoleone è solo Cesare e non ci si avvicinerà mai alla psicologia di Napoleone se non si conoscono i suoi scritti sulle guerre di Cesare.

Premesso che la sua mente circospetta diffida persino dei commentari, per lo meno di quelli relativi alla guerra civile, è evidente che Bonaparte non ha una particolare ammirazione per Cesare, semmai per i suoi avversari, come il gallo Vercingetorige. Come militare gli preferirebbe persino Pompeo, che pure giudica un pessimo politico. In realtà Bonaparte tende a considerare Cesare un formidabile ingegnere della guerra, perché sa fare di ogni posizione una fortezza e riesce sempre ad apportare vantaggi tecnici di ogni tipo alle sue armate sul piano delle strutture a cui appoggiarsi, fossero torri, fossati, dighe e quant’altro, Cesare ne inventava di ogni ordine e tipo e le faceva costruire in tempi eccezionali. Mentre strategicamente lo ritiene piuttosto insignificante, per non dire che sottolinea ogni suo errore con grande perizia. In più gli da fastidio l’ostentata crudeltà verso i vinti, soprattutto se civili: Lui, “generale Vendemmiaio”, prova ancora orrore. La maggiore abilità di Cesare secondo Bonaparte è di far passare anche le sconfitte in trionfi, perché fugge ma non capitola mai. Poi dispone della fanteria migliore al mondo, ma non manca di osservare che nella sua epoca, dove le armi da tiro si erano evolute, Cesare con le sue fortificazioni ed i suoi legionari, non sarebbe rimasto sul campo di battaglia nemmeno cinque minuti. In una parola, Napoleone si commisura con Cesare per dire che sì, era un aristocratico notevole perché amato dal popolo e non per suo merito. Al confronto, lui, Napoleone, lo schiaccia. Appurato questo, si può iniziare a ragionare sulla personalità di Napoleone che Stendhal riteneva, una volta raggiunto l’apice del successo, una stella cadente. E per Stendhal Napoleone era tutto il mondo.

Del film di Scott per ora abbiamo solo un trailer di pochi minuti di cui si può dire che il protagonista è troppo vecchio. Non si capisce Napoleone se non si comprende che a Tolone aveva 24 anni, forse 23, perché c’è un dubbio anche sul suo anno di nascita, per lo meno secondo Chateaubriand che andò a cercare gli atti, mentre ad Austerlitz, da imperatore, ne ha al massimo 36. Se non si riesce a raffigurare la giovinezza di Bonaparte non si avrà mai il personaggio nella sua dimensione storica e un’idea dell’impatto che sapeva esercitare sulla massa a cominciare da quella dei suoi soldati più vecchi di lui. Poi si vede Napoleone che guida una carica a cavallo e questa è davvero una singolarità. Napoleone ha guidato la carica a Tolone di fanteria e forse, c’è da dubitarne, quella del ponte di Arcole, sempre appiedato. Era chiamato “piccolo caporale” perché durante la campagna d’Italia si metteva a dirigere le batterie come un artigliere con quel grado. Mai avesse caricato a cavallo lo si sarebbe chiamato “piccolo dragone” e comunque per la cavalleria aveva già Murat. Un film purtroppo non può risolvere questioni complesse e Scott ha altri interessi, come dimostra una lunga carriera condotta nel segno della fantasia. È vero che si è cimentato e con successo con l’epopea napoleonica in “The Duellists”, ma il capolavoro di Scott è “Alien”. Piuttosto siamo in un altro millennio e ancora, persino al cinema, facciamo i conti con il mito di Napoleone. Altrimenti si può sempre vedere “Barbie”.

Foto cco

Tags: NapoleoneScott
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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