In occasione della ricorrenza dei trent’anni della morte di Giovanni Spadolini si sono potuti leggere articoli tra i più vari, anche scritti da chi non lo amava. Tutti offrono un’occasione importante per rivisitare storiograficamente la politica repubblicana. Mai qualcuno pensasse che il Pri con la segreteria Spadolini, navigasse a vista nelle nebbie, come pure si è letto, potrebbe indurre a credere che il partito repubblicano fosse venuto meno nello svolgimento del suo ruolo, proprio al tempo del massimo successo elettorale. Giudizio che renderebbe insignificante l’azione politica esercitata. A questo occorre rispondere subito. Il governo Spadolini nacque sull’istanza di una questione morale che si chiamava P2, ovvero quella organizzazione che oggi è ancora ricordata come responsabile della strage di Bologna. Non che fosse chiarissima l’attività della loggia in quell’epoca, certa era invece la necessità di troncare ogni commistione dello Stato con quella organizzazione. Il governo Spadolini riuscì perfettamente nel compito assegnatosi, tanto da poter dire che nel momento di massino pericolo per le istituzioni repubblicane, occorresse appunto un governo guidato da un repubblicano. Spadolini non viene ricordato per avere contenuto l’inflazione. Spadolini viene ricordato per aver sgominato in meno di un anno la Loggia massonica deviata di Licio Gelli che aveva una presa inquietante sulla società italiana. Fatti, non chiacchiere
Il partito repubblicano con Ugo La Malfa aveva aperto al partito comunista, una articolazione politica che con il reaganiano Spadolini non si vede proprio. Forse che Spadolini, candidato da Ugo La Malfa, in un collegio vincente del partito, non in uno da buttare, non fosse riconoscente al suo mentore o non fosse comunque all’altezza della sua visione strategica? Per la verità Ugo La Malfa aperse al Pci nel momento nel quale Berlinguer prese le distanze, o sembrava voler prendere le distanze dall’Unione sovietica, poi sappiamo dagli stessi annali della Fondazione La Malfa, che successivamente Ugo rimase via via deluso dalla condotta della segreteria comunista, tanto che quando il Pci chiese di voler entrare attivamente nel governo di solidarietà nazionale la Dc pose il veto ed il Pri di La Malfa si schierò con la Dc. Ugo La Malfa muore vice presidente del consiglio di un governo tripartito presieduto da Andreotti con i socialdemocratici.
Spadolini riporta il Pri con i socialisti nell’esecutivo, secondo governo Cossiga. Perché Spadolini aveva un giudizio diverso su Craxi? Il solo fatto che Craxi fosse stato favorevole alla trattativa con le Brigate Rosse, rivelava un’idea dello Stato tale da rendere impossibile qualsiasi contatto politico, quando il Pri era schierato sul fronte della fermezza. Disgraziatamente Moro venne ucciso. La fermezza ha un senso se ottiene il suo obiettivo. Se lo Stato viene ridicolizzato da un pugno di terroristi, c’è qualcosa che non funziona nello Stato, incapace di essere fermo. Ci si rese conto dalla fuga di Kappler, prima che dal sequestro Moro, dell’impreparazione dello Stato. La Malfa aveva un’impostazione ideale, sacrosanta, che si scontrava con la miseria della realtà dello Stato italiano, incapace di salvare il suo più importante uomo politico nazionale sequestrato in un appartamento di Roma di proprietà della polizia e questo dopo aver fatto scappare un criminale nazista. Craxi privo di quasi qualunque visione ideale, interpretava meglio la disgraziata condizione dello Stato. Basta pensare che avevamo ministri democristiani con figli nei gruppi di fuoco di Prima Linea.
Il caso Moro è la chiave di volta della politica italiana del ‘900 e dimostra tristemente come la purezza di Ugo La Malfa era troppo elevata per un paese inquinato e corrotto come l’Italia. La Malfa muore e Craxi ha la strada spianata. Spadolini fece di necessità virtù e se Craxi non è il fulgido cavaliere di cui vi sarebbe bisogno, è meno compromesso di quelli democristiani rimasti. In un paese in cui non è possibile l’alternanza di governo, il Pci restava nonostante le speranze legato ad un nemico dell’Occidente quale l’Urss, l’unica politica possibile era limitare il malgoverno democristiano. I socialisti erano quello che erano, ma con minori responsabilità della gestione dello Stato. In ogni caso non c’era alternativa nemmeno quando il Pci con Occhetto prese una via democratica, questo è il dramma.
Come si fa a rimproverare a Spadolini di aver chiuso al Pci, a cui aveva di fatto chiuso lo stesso La Malfa, quando il Pri non avrebbe aperto nemmeno ad Occhetto dodici anni dopo? Ad Occhetto aperse Visentini, per l’appunto, che si candidò entusiasta nella “gioiosa macchina da guerra” del ’94 accompagnandola persino con slogan roboanti, “l’importante è vincere, come in Spagna”. E Visentini, candidato di Occhetto, era stato il miglior amico di Craxi rispetto a Spadolini, ancora un rivale di successo.
Che un duro come Spadolini trovasse la situazione complessa tanto che il suo animo apparisse insondabile, non stupisce. Nessuno può escludere poi che Spadolini potesse sbagliare. Spadolini mostrò tutta la pasta di cui era fatto con la crisi di Sigonella. Non osiamo immaginare cosa sarebbe successo nel partito se avesse anche detto restiamo fuori dal governo. Si sarebbe trattato di rifare un nuovo PRI dal momento che il partito non era mai stato all’opposizione più di qualche mese.. Non si possono pretendere dagli uomini doti che non possiedono. Soprattutto in occasione di una ricorrenza tragica, la morte di Spadolini, fu una tragedia politica prima che umana per il Pri, bisogna apprezzare quelle che avevano.
archivio fotografico del Senato della Repubblica