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Non bisogna mai essere schiavi delle etichette

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
23 Ottobre 2022
in L'editoriale
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Se si scorre la stampa internazionale e si leggono gli entusiasmi di Orban e Marina Le Pen sembrerebbe che l’Italia con il nuovo governo si sia consegnata  mani e piedi ad una deriva di destra. Scorrendo l’elenco dei ministri quello che si può dire è che di certo molti di loro, se non la maggior parte, non provengono dall’antifascismo, altri sono dei cattolici integralisti e conosciamo anche qualche da giovane monarchico convinto. Sarà comunque rilevante  il giuramento sulla Costituzione repubblicana prima di entrare in carica.  La Costituzione repubblicana, sebbene modificata e peggiorata senza costrutto in questi anni disgraziati principalmente da coloro che ci dicono poi che la vogliono difendere, mantiene ancora un profondo spirito antifascista.

Semmai verrebbe da chiedersi se coloro che provenienti dalle fila dell’antifascismo e che ovviamente hanno giurato sulla Costituzione prima di salire al governo, si siano preoccupati di cosa essa significhi autenticamente e quali principi salvaguardi. Quello che dovrebbe preoccupare l’opinione pubblica democratica europea è se dunque non sia accaduto nel nostro Paese qualcosa senza precedenti per spingere ad un tale successo una forza di destra che aveva avuto ancora nel 2018 il 4 per cento dei suffragi. Questo qualcosa è stata la gestione dell’emergenza da parte di un governo di minoranza. Perché se le forze democratiche antifasciste al governo ritengono di poter bellamente ignorare i dati politici del paese reale richiudendosi nella loro maggioranza parlamentare per gestire un’emergenza  nazionale, che la Costituzione repubblicana non prevede, perché mai stupirsi poi, se le forze che non provengono dall’antifascismo rimaste all’opposizione, al loro confronto sembrino costituzionali e liberali?

Fratelli d’Italia ha raggiunto il 20 per cento dei consensi fra il primo ed il secondo governo Conte, iniziando la sua crescita quando Salvini consegnò il paese al movimento 5 stelle dopo aver strappato quasi il 30 per cento contro il 15 per cento di quella forza alle passate elezioni europee. Fratelli d’Italia sfiorò l’8 per cento. Il resto della crescita impetuosa avvenne con il Pd che si era imbarcato al posto di Salvini, appena formatosi il nuovo governo, Fratelli d’Italia valeva nei sondaggi il movimento 5 stelle. Quando il governo Conte mise il coprifuoco  Fratelli d’Italia raggiunse il 20. Solo la formazione del governo Draghi, fermò quella crescita impetuosa ed il primo beneficiario del nuovo governo fu proprio il Pd con le vittorie amministrative a Milano e Roma.  Caduto il governo Draghi, senza che nessuno ne rivendicasse la continuità esclusi Calenda e Renzi che infatti da zero sono arrivati a sfiorare l’8 per cento, Fratelli d’Italia ha ripreso la corsa che ancora continua. Tutti gli altri partiti, rispetto al 2018 hanno perso voti, esclusa la sinistra di Fratoianni e Bonelli che deve il suo formidabile successo  alla politica suicida di Enrico Letta.  

Accusare Fratelli d’Italia di essere di destra, di postfascismo è una semplificazione banale, fondata sul dato storico della sua militanza, che non considera il ruolo svolto in questa legislatura passata, di coerenza innanzitutto e di aspirazione liberale della società, contraria a tutti i provvedimenti del governo Conte due. Poi c’è stato un altro elemento fondamentale, ovvero il sostegno alle politiche di Draghi e dell’Unione Europea sull’Ucraina. Questo sostegno è stato molto più convinto di chi pur nella maggioranza non rinunciava a seminare dubbi e scontento, nell’ordine, ovviamente Conte, più misuratamente Salvini, infine e in modo più grave di tutti, Berlusconi.

Questa condotta inflessibile nei confronti dell’aggressione russa, non aver concesso niente al pacifismo da quattro soldi che si è diffuso comunque nel paese, ha consentito a Fratelli d’Italia la conquista del governo, ed il suo post fascismo, la fiamma tricolore nel simbolo, c’entrano poco o niente. L’unica questione che ora ci deve interessare è se da Palazzo Chigi e non più dai banchi dell’opposizione, Fratelli d’Italia manterrà la determinazione atlantista ed europeista mostrata da Draghi, o se si lascerà risucchiare dai fantasmi  del passato che hanno sempre agitato le  sua fila. Questo è l’unico dubbio sul governo Meloni, perché in politica le etichette oramai contano davvero poco. Contano le parole ed i fatti.

Tags: Melonipostfascismo
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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