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Nove Termidoro, il silenzio di Saint-Just

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
29 Luglio 2023
in Cultura
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La Francia ha inghiottito i capi della Rivoluzione con una estrema noncuranza. Si potrebbe dire che soffre solo la scomparsa di Marat, avvenuta del resto per mano di un’omicida. Altrimenti dalla condanna di Barnave a quelle del 9 Termidoro, la Francia si mostra pressoché imperturbabile, anzi, quando Robespierre sale alla ghigliottina si fa festa sui balconi di Parigi. Il popolo oramai si riconosce nella volontà repubblicana, e la Repubblica decreta la morte, nel pieno rispetto delle sue leggi, di Robespierre e nemmeno Robespierre la contesta. Saint-Just ha persino smesso di parlare piuttosto che parlare contro la Convenzione nazionale, ovvero la Repubblica in quanto tale. Qualsiasi parola pronunciata a questo punto risuonerebbe contro se stesso, è lui ad aver scritto nel suo Spirito della Rivoluzione, che bisogna terrorizzare i governi, mai il popolo. Per cui ora che viene ghigliottinato il governo, di cosa mai ci si potrebbe lamentare. L’unica argomentazione che avrebbe potuto cavalcare Saint-Just sarebbe stata comunque controproducente, ovvero che lui era solo una parte del governo e nemmeno la più rilevante, così lo stesso Robespierre, solo una minoranza all’interno dei comitati, per quanto agguerrita si fosse saputa mostrare.

Robespierre entra nel comitato di salute pubblica il 27 luglio del 1793 e ne esce e per sempre il 27 luglio del 1794. In questo solo anno una Francia che appariva spacciata, ha sconfitto tutti i nemici all’interno e all’esterno. Eppure questo non impediva a Carnot di scagliarsi contro l’Incorruttibile ed i suoi sodali, “Pigmei insolenti! Uno storpio, un bambino, ed un mascalzone. Non sapreste governare nemmeno un’aia”. Ora non siamo in grado di dire se davvero i meriti di aver capovolto una situazione disperata fossero di Robespierre in esclusiva piuttosto che del Comitato di salute pubblica nel suo complesso. Carnot sicuramente come stratega militare ne ebbe sicuramente, oppure era lo scontro continuo fra Carnot e Saint Just ad essersi rivelato prolifico, nel senso che questo non dava pace all’esercito. O vinceva sul campo, o veniva decimato dei suoi comandanti. Certo che l’accusa vera che cade contro Robespierre, non è quella della dittatura, ma quella di Cambon, per cui “un solo uomo paralizza la Convenzione”, e quello è appunto Robespierre. Cambon aveva ragione. Robespierre con tutti i suoi dubbi, tutti i suoi sospetti sul comportamento di questo o di quel convenzionale, in particolare si sentiva responsabile degli ultraterroristi in missione. Mentre a Cambon, come agli altri suoi colleghi, cosa poteva importare se a Nantes o a Lione erano stati ammazzati più preti e realisti di quanto si doveva? L’importante era aver tenuto Nantes e ripreso Lione. È la morale la colpa di Robespierre che poveretto, non riesce ad immaginare una politica senza questa, che ripone tapino, la salvezza della Francia in una missione etica a sostegno della sua impresa. Già Saint-Just era diverso.

Fin dal tempo del grande Michelet, la storiografia erudita coglie questa distanza fra Saint-Just e Robespierre. Saint-Just è autonomo e precede persino Robespierre come quando emerge nel dibattito sul processo del re. Saint-Just ha chiara la necessità di uccidere Capeto quando nessuno osava pensarlo. Saint-Just d’altra parte è appena un ragazzino che si affaccia sulla scena della grande politica. Proveniente dall’alta Francia, nato a Decize, un provinciale nella Parigi consumata dalle lotte rivoluzionarie. Robespierre lo prende sotto la sua ala, ma il ragazzo è davvero indipendente. Non solo potrebbe avere le caratteristiche proprie per imporre quella dittatura che Marat riteneva necessaria alla Rivoluzione, ma soprattutto ha doti capaci di compromesso. Tutta la notte dell’8 termidoro Saint Just lavora con i comitati per la riappacificazione ed è probabile che fosse riuscito ad ottenere un risultato conveniente. In fondo i comitati non si sentivano così forti da spazzare via Robespierre, non tanto alla Convenzione, quanto nella piazza. Se la guardia nazionale non avesse avuto al suo comando un ubriacone come Henriot, il 9 termidoro si sarebbe concluso diversamente. E purtroppo per Saint-Just e Robespierre il loro potere era tanto limitato che nemmeno potevano scegliere il capo della guardia nazionale! Quello lo sceglieva la Comune e quindi Robespierre e Saint-Just non controllavano nemmeno la Comune! Altrimenti Robespierre non sarebbe stato prelevato e portato di peso nei suoi locali. Sarebbe rimasto paziente davanti alla prigione in attesa che qualcuno trovasse il coraggio di arrestarlo.

Il nove termidoro mise in luce il vuoto di potere della Francia rivoluzionaria, altro che la fine di una dittatura. Saint-Just lo comprende meglio di tutti perché non riesce a contenere Robespierre alla tribuna e sa di non controllare la Convenzione dopo aver visto saltato l’accordo raggiunto con i Comitati. Non gli resta che rinverdire il suo gusto romantico, aveva arredato la sua camera da letto come fosse una tomba. Secondo alcune testimonianze Robespierre avrebbe detto di Saint-Just che in lui c’era qualcosa di Carlo nono di Francia, sovrano a 10 anni e morto a 24 senza essere riuscito a restaurare l’autorità necessaria sullo Stato. Se questa intuizione di Robespierre fosse autentica, be’, tutto sommato per quanto miope sapeva davvero veder lontano.

Tags: Saint JustTermidoro
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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