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Possiamo anche ricominciare da capo

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
20 Aprile 2023
in L'editoriale
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Le culture politiche italiane sono molto particolari e complesse. Ad esempio liberali e repubblicani si sono scontrati per almeno un secolo. Era liberale Pellegrino Rossi che fu quasi sicuramente ucciso da una lama repubblicana, anche se non abbiamo mai esattamente compreso da quale. Nel dubbio, il liberale Farini, ministro di Rossi nel governo pontificio, detestò Mazzini ed i repubblicani tutta la vita. Tanto che quando liberali e repubblicani costituirono insieme il primo partito d’Azione, Farini si guardò bene dal parteciparvi e pure Cavour era nel governo Regio e Mazzini in esilio in Inghilterra. Per non parlare del 1870. Si libera Roma e si getta in carcere Mazzini. Le cose non sono andate meglio nemmeno ai tempi dell’antifascismo. Il Pri non aderisce al Cln per non avere a che fare con i liberali monarchici, gli stessi che sostennero Mussolini, persino dopo il delitto Matteotti. Da parte loro, i liberali si guardarono bene dall’entrare nel centrosinistra di Moro e La Malfa, tanto che quando anche Pacciardi non volle entrare, mise agli atti della Camera che mai sarebbe morto liberale. Questo mentre La Malfa morì vice presidente di un governo tripartito, dopo aver fondato con il Pli erede di Cavour e di Benedetto Croce, il gruppo parlamentare europeo dello Eldr, di cui abbiamo fatto parte trent’anni. Ricordando questa complessità, quando ci si riunì nuovamente intorno al tavolo del programma per l’Italia, guidato da Carlo Cottarelli, si fece un lavoro piuttosto certosino, fors’anche noioso, utile e necessario per offrire un progetto al paese che ne aveva bisogno.

È anche vero che quel tavolo venne superato dal governo Draghi che subito seppe ottimizzare le migliori istanze del programma lib-dem, non fosse decisiva per le sorti di quel governo, una consistenza politica che gli mancava. Per questo non abbiamo compreso perché nell’ultima riunione convocata dell’intera area liberal democratica, a Roma il luglio scorso, Carlo Calenda si presentò per comunicare che il leader era lui insieme ad Emma Bonino. Un po’ come dire che tutti gli altri partecipanti al tavolo non contavano niente e poi annunciando un congresso fondativo del nuovo partito in autunno, congresso fondativo che non si è mai svolto come non si svolgerà quello annunciato fra Azione ed Italia viva. Tutto stava facendo il tavolo Cottarelli tranne il partito unico, perché appunto, solo un partito verticistico si forma con decisione regia. Un partito repubblicano nasce da un lungo processo democratico. I repubblicani per diventare partito ci hanno messo cento anni, dal 1793 al 1895. La repubblicana rousseauiana Manon Roland, tanto per dire, non volle fare un partito della Gironda nemmeno davanti alla ghigliottina. Calenda ha fatto un partito in due anni e voleva farne già un altro l’ anno successivo. È vero che Calenda è un fenomeno, ma insomma. Poi si è visto come è andata a finire con Emma Bonino. La campagna elettorale se volete ha colto tutti di infilata ed in qualche modo le reazioni di chi non ha il privilegio di venir dispensato dalla raccolta firme per presentare le sue liste, sono delicate. I cosiddetti grandi partiti italiani dispongono di un’egemonia politica sull’intero paese, solo per la legge elettorale, non per meriti politici. Altrimenti non se li filerebbe nessuno. La caduta di Draghi creò il panico e anche se ad un certo momento sembrava si potesse ricostituire l’area radunata intorno al Programma per l’Italia, priva di Cottarelli e dei radicali, ecco che Calenda e Renzi hanno usato parzialmente i repubblicani e per niente i liberali, o così o pomì. Fino a che noi abbiamo potuto, cioè fino al congresso di Azione, avevamo invitato Calenda a considerare la necessità di costruire un’alleanza larga, il contrario di un partito unico. Poi abbiamo visto come è finita fra Calenda e Renzi.

Ieri abbiamo letto un’intervista dell’onorevole Mara Carfagna invitare a costituire di nuovo un tavolo dell’area politica democratica, liberale, riformatrice o qualcosa del genere. L’onorevole Carfagna non può ricordare l’esperienza che la precede perché era in altro partito e con altra storia, ma va benissimo lo stesso, Anzi siamo felicI che un’area democratica liberale si estenda ulteriormente e l’onorevole Carfagna è persona squisita. Basta solo che sia convinto anche Calenda, perché invece per lui si tratterebbe di ricominciare da capo, cosa che può sempre mortificare un giovane ed impulsivo ego come il suo. Una vecchia forza politica come la nostra, che torreggia sulla storia da molto oltre il suo secolo di costituzione, dell’ego si preoccupa ogni anno di meno. Tende a preoccuparsi solo delle condizioni della Repubblica.

Foto Domus mazziniana Pisa

Tags: Calendarenzi
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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