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Conte e Salvini dovrebbero preoccuparsi più del loro futuro, che di quello di Draghi

Redazione di Redazione
15 Maggio 2022
in Analisi
1
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Potrebbe rivelarsi un passaggio molto insidioso quello parlamentare del 19 maggio che attende il presidente del Consiglio Draghi. Per lo meno questo è quanto credono coloro che lo hanno richiesto con grande insistenza vantando le ragioni della pace. Non fosse che il loro presupposto, sia in Conte che in Salvini, è completamente sbagliato. Entrambi costoro sono convinti che senza le armi o con armi di impatto limitato, la guerra si sarebbe fermata. Non si rendono conto dell’ambizione dell’invasione russa che si muoveva persino su Leopoli, e della disperazione della resistenza ucraina. Per cui nel caso in cui gli ucraini non fossero stati in grado di contrastare l’avanzata russa e di limitarla, oggi non avremmo una concentrazione del conflitto nel solo Donbass, ma una guerra totale su tutta l’Ucraina sul modello che si ebbe durante l’invasione russa dell’Afghanistan. È vero che l’Ucraina non offre i ripari naturali di quella regione, ma è vasta tre volte tanto e la resistenza costretta ad evacuare le città si sarebbe potuta organizzare al limite degli stati confinanti, dalla Polonia alla Moldavia. Sarebbe stato quindi impossibile comunque non rifornirla secondariamente delle armi che richiedeva, esattamente come si fece con i mujadin e la guerra di liberazione sarebbe stata più lunga di quello che si può immaginare, per la semplice ragione che per quanto fossero deboli gli ucraini, i russi avrebbero dovuto sterminarne dieci milioni per poter controllare un paese come quello, un compito proibitivo pure per un assassino come Putin ed i suoi aguzzini. Per cui armare l’Ucraina meglio di quanto sia armata la Russia, ha ridotto le prospettive di guerra che infatti oggi sono limitate al solo Donbass, mentre i lanci missilistici sulle altre città, ovvero da grande distanza, sono destinati ad esaurirsi, anche perché il potenziale missilistico della Russia che ha già superato il 70 per cento delle sue riserve, si sta esaurendo.

È sbagliato anche pensare, si rivela il dilettantismo piuttosto becero di Salvini, che l’allargamento della Nato alla Finlandia o alla Svezia avvicini la guerra. Se l’Ucraina fosse stata nella Nato la Russia non l’avrebbe attaccata, perché la Russia sa perfettamente che la Nato le è superiore militarmente, non prevedeva che avrebbe rifornito di armi e di consiglieri l’Ucraina. Cioè i russi non si sono resi conto del pantano in cui stavano finendo, credevano di entrare a Kiyv, come nel ’56 entrarono a Budapest o nel ’68 a Praga, con l’Europa inerte e paralizzata, incapace di muovere un dito, accusata da Milan Kundera, di essersi voltata da un’altra parte. Ma l’Europa già una volta ha lasciato l’Ucraina a se stessa e per questi cento anni, non Salvini, non Conte, ha studiato la documentazione dei crimini commessi dai russi in quel paese e non ha nessuna intenzione di consentire che si ripetano, per lo meno, quelli che si sono già ripetuti, non sono avvenuti con la sua complicità e soprattutto non resteranno impuniti.

Per cui da qui al 19 maggio si potrebbe vedere come l’avanzata russa si sia sempre più sgretolata contro gli armamenti ucraini e come i governi europei e quello statunitense potrebbe più facilmente offrire una prospettiva di pace vantaggiosa per chi ha già perso la sua guerra, ovvero la Russia. Pensare poi che i russi, che per la verità considerano l’intervento in Ucraina come una semplice operazione speciale, siano disposti a dichiarare la guerra nucleare per non essere riusciti nei loro intenti, significherebbe accusarli di un torto maggiore di quello che già hanno. Sconfitti sul piano convenzionale, perché mai sfidare una sorte peggiore con una guerra nucleare? E come farebbero a minacciarla poi se vogliono far credere di aver vinto?

Mentre sul piano del voto parlamentare, che pure per la verità era già stato espresso, bisognerà vedere l’esatta collocazione dei diversi parlamentari. Conte non è nemmeno eletto, mentre dal senatore Salvini si è distinto l’onorevole Giorgietti, il quale ha mostrato un approccio un po’ più realistico tanto da ricordare, quello che aveva detto Gian Carlo Pajetta. Anche Pajetta era per il dialogo e per la pace, ci mancherebbe, non fosse che da vecchio partigiano amava dire che è giusto parlare finché si può parlare. Poi ad un dato momento, si spara.

Palazzo Montecitorio, sito ufficiale Camera dei Deputati

Tags: ArmiConteSalvini
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Comments 1

  1. Annalaura Polverini says:
    9 mesi ago

    Gli italiani come Conte e Salvini, conoscono poco la Storia ,ma ancora di meno il mondo in cui viviamo.
    Pensano che tutto sia valutabile all’ interno dei nostri confini, non vedono oltre. Il futuro non sarà legato alla produzione ed al mercato, ma al potere delle super potenze, Cina e USA, i Russi strumentali, ma non lo hanno capito.

    Rispondi

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