La cosa più semplice da dire sarebbe che il partito tory, vista una piega di eventi poco edificanti che hanno coinvolto il governo, cerca un riscatto morale e chiede le dimissioni del premier Johnson. Il disprezzo dimostrato per regole e verità ha passato il segno. Se poi tutto questo coincide con alcune sconfitte elettorali delle ultime suppletive, tanto meglio. L’Inghilterra ha bisogno di avviare un cambio di marcia a costo di bruciare un altro premier, come pure avviene periodicamente. La soluzione sarebbe scontata e l’analisi difficilmente controvertibile.
Non fosse che Boris Johnson meriterebbe per lo meno una qualche attenzione per quanto ha significato sul piano politico per un’Inghilterra alle prese con la separazione dall’ Unione europea. Una rottura che il partito conservatore aveva faticato a gestire e solo con Johnson era riuscito a prendere in mano, esautorando le forze ipernazionaliste che sono rientrate nell’ombra. Al contempo, Johnson proprio quando contava di tagliare i ponti con la comunità europea si è ritrovato stretto fra la pandemia e poi la guerra. L’Inghilterra è sembrata allontanarsi dal corso che avrebbe voluto prendere. L’Europa la richiamava a sé, e forse, visto anche i risultati economici contraddittori, all’idea di quanto fosse difficile spingersi nuovamente con successo in mare aperto. I tempi della regina Vittoria, sono lontani, figuratevi quelli della Grande Elisabetta. Possibile si sia aperta la strada ad un ripensamento?
Sarebbe fare un torto a Johnson non accorgersi degli incredibili sforzi fatti per ottenere questo primato inglese, in competizione con l’America di Trump fra l’altro che lo ha portato non solo a rivoluzionare la politica del suo partito, vorrebbe abolire il termine conservatore, ad esempio, ma anche a proiettare una dimensione dell’Inghilterra oltre la sua consueta forma costituzionale. Per questo lo hanno fischiato al genetliaco della regina, perché Johnson punta ad un’Inghilterra repubblicana. Poi non si può trascurare la determinazione mostrata davanti all’invasione in Ucraina. Johnson ha mostrato una fierezza che lo rende simile a Churchill più che a Chamberlain e Chamberlain, come sappiamo era l’autentico dominatore del mondo tory.
Ora è già successo che un premier, anche colui che ha saputo ottenere i migliori consensi e i più insperati risultati per il suo paese, venga risucchiato nel gorgo di trasformazioni epocali consumate tanto rapidamente da farlo apparire obsoleto ed inadeguato. In un caso simile anche Johnson avrebbe fatto il suo tempo. Farlo però cadere per un party e uno scandalo sessuale, che per quanto grave appaia, non lo coinvolge direttamente, assumerebbe il sapore di chi non ha saputo davvero ottenere su di lui una vittoria politica e si attacca ad un espediente per rimuovere un leader vero del proprio paese. Anche in questo caso, considerati i precedenti, ve ne sono ovviamente e si chiamano Thatcher e Blair, i tory farebbero meglio a pensarci ancora un momento.