«Caillois forgiò quattro categorie, e in omaggio al gusto grecizzante di Schiller, o per semplice vezzo, scelse quattro parole antiche per indicarle: agon, alea, mimicry, ylinx. Ossia: la competizione, la fortuna, il mimetismo, il gorgo o la vertigine. I giochi competitivi sono quei giochi in cui si parte su un piede di assoluta parità e, senza interventi esterni, si stabilisce nel gioco e in base alle sue regole a chi arriderà la vittoria. La posta in palio è la superiorità in un determinato campo: “L’agon si presenta come la forma pura del merito personale e serve a manifestarlo”. Lo sport è, proprio perciò, essenzialmente agonismo.
L’opposto dell’agon è il gioco aleatorio, fondato sul caso o sulla fortuna: tanto i giochi agonistici si affidano alle risorse del giocatore, altrettanto i giochi aleatori dipendono da una sorta di ‘abdicazione della volontà’, di ‘abbandono al destino’. Sono giochi di fortuna la roulette, molti giochi di carte, il gioco dell’oca, il lancio di una monetina.
Poi ci sono i giochi di ruolo, in cui si impersona – si mima, da cui mimicry – un personaggio, una situazione ma pure un animale o persino una cosa. Anche i giocattoli, che riproducono in miniatura le cose di cui si servono i grandi, anche le maschere e il teatro rientrano a pieno titolo in questa categoria.
Infine ci sono i giochi che si basano sulla ricerca della vertigine, del limite, del punto culminante. Gioca l’equilibrista, gioca il bambino con la trottola o sullo scivolo, gioca sull’altalena o sulle montagne russe».
Gli scacchi sono tutto questo, ci spiega Massimo Adinolfi nel suo ultimo libro, appassionante e leggero come una partita. Negli scacchi la componente agonistica è fondamentale, c’è una dimensione del travestimento (c’è un Re da difendere e una Rocca da conquistare), c’è persino la vertigine. Quello che non c’è è la fortuna. Se sei pippa, resti pippa, non puoi sperare. Quando giocavo con mio papà avevo due scelte: o la chiudevamo subito con lo scacco del barbiere o dell’imbecille, insomma quel matto che dai quando la partita è cominciata da poco, oppure era una lenta agonia, in cui si mangiava un pezzo dopo l’altro, mentre io spostavo i pedoni.
Adinolfi, dentro, ci mette la sua vita. Che è fatta di filosofia e di passione. Problemi magnifici diventa così un’appassionata avventura fatta di aneddoti, amicizie, campioni, bizze da star, sfide epocali, film, tutto intervellato con la voce del verbo pensare e condito con ironia. Gli scacchi, la vita e l’animo umano, precisa il sottotitolo. Perché gli scacchi sono come il nostro quotidiano: gli errori sono tutti lì, sulla scacchiera, in attesa di essere realizzati.
Foto CC0