Il primo aprile del 1945 l’armata rossa iniziò l’offensiva su Berlino e per quanto non disponesse delle armi di distruzione in uso oggi e nonostante che la capitale del terzo Reich fosse presidiata da forze ancora di una qualche consistenza, impedito il tentativo di forzare li blocco da parte delle truppe di Mohnke, la città cedette. Praticamente meno di trenta giorni. Questa era l’armata di Stalin, comandata da Zukov che non perse nemmeno un attendente di campo. Nonostante siano cinquanta giorni che quella di Putin bombardi Mariupol, una periferica cittadina marittima dell’Ucraina, i suoi generali muoiono come mosche e l’esercito non riesce a venirne a capo pur avendo ridotto l’area urbana in condizioni peggiori di quella di Berlino. Non conosciamo la topografia di Mariupol, sappiamo solo che da centro balneare della prima metà del 900 è diventata una città mineraria. Se mai i resistenti si fossero asserragliati in un sistema di gallerie che dispone di contatti con l’esterno, non capitoleranno nemmeno fra altri cinquanta.
La nuova offensiva scatenata nel Donbass che se non altro mostra un profilo strategico di un qualche senso militare rispetto a quella della prima fase, è destinata comunque all’insuccesso. Se Putin avesse davvero voluto prendere il Donbass non aveva che da impiegare subito tutte le sue truppe nella regione a difesa delle due repubbliche secessioniste e nessuno sarebbe stato in grado di attaccarlo, perché l’esercito ucraino non disponeva di forze di offesa sufficienti per farlo. Ci sarebbe stata comunque una crisi internazionale, vi sarebbero state le sanzioni, sicuramente una qualche reazione ucraina sul campo, ma non tale da impedire una seconda occupazione della Crimea, non un bagno di sangue e una così terrificante distruzione come quella che abbiamo visto.
Il problema è che a Putin non importa niente del Donbass, egli contava che al solo vederlo arrivare l’Ucraina si arrendesse e gli consegnasse le chiavi del governo. Non solo questo non è successo ma tutti i paesi confinanti sono tornati a guardare ai russi con il sospetto e l’odio che hanno accumulato nei decenni di occupazione sovietica. I comunisti cinesi possono giusto accusare la Nato di essersi voluta espandere. I polacchi, i cechi, gli slovacchi, i finlandesi, gli svedesi, vennero invasi per primi da Ivan il Terribile, vogliono invece che la Nato li armi. C’ è una responsabilità dell’Europa, è vero, nei confronti della crisi ucraina. Nel 1917 quella chiese aiuto e nessun paese europeo, nemmeno quelli che glielo avevano promesso, mosse un dito. A distanza di cento anni da quel momento nefasto, nel 22 iniziò la grande carestia, imposta dal regime stalinista, il processo di dekulakizzazione che precede quello di denazificazione putiniano di oggi, sette forse 10 milioni di morti, la situazione si è capovolta. Per questo è più difficile, voltarsi dall’altra parte, per questo l’Ucraina riceve armi sempre migliori, per questo Putin ha già perso la guerra. Portandola avanti spingerà solo la Russia verso il completo disastro.