Le forze politiche sono perfettamente libere di interpretare la vita del paese come meglio loro aggrada. Se sentono il bisogno di rieditare nuovamente lo scontro fra centrosinistra e centrodestra, sono liberi di farlo come lo sarebbero persino di inscenare la disfida fra Montecchi e Capuleti. Eppure l’ultima legislatura ha avuto una trama piuttosto particolare ed inedita nella storia repubblicana, basta pensare che una formula di solidarietà nazionale non si vedeva dal 1975, dopo il colpo di Stato in Cile. Ma rispetto alla solidarietà nazionale del secolo scorso dove i partiti esercitavano a pieno il loro mandato, la delicatezza della situazione attuale ha richiesto una figura come quella di un banchiere, in particolare un banchiere centrale che ha retto con successo le sorti della Banca centrale europea in uno dei momento più complessi della sua storia. Troviamo un precedente in un banchiere eccezionale quale fu Carlo Azeglio Ciampi, alla cui memoria sia Mario Draghi che i repubblicani, restano legati. Ciampi non aveva avuto però il ruolo internazionale che ha avuto Draghi e per sostituire Ciampi si trovò comunque il nome di un esponente di Confindustria di grande successo. Indipendentemente dalla valutazione politica su quella personalità, l’immagine dell’Italia nell’immediato fu di dare una qualche continuità passando da un’eccellenza ad un’altra, per quanto quest’ultima fosse ben diversa tanto da rimanerne, presto o tardi, delusi.
Il problema di trovare un’eccellenza degna del prestigio di Draghi è anche oggi molto serio, e il centrodestra che pure gli ha votato contro, non sa offrire un nome per la presidenza del consiglio e badate che parliamo di una coalizione che nel 2004 voleva introdurre in costituzione la sfiducia costruttiva. Ha perfettamente ragione l’onorevole Meloni, l’accordo per una coalizione di quel genere deve essere fatto subito, perché la caratteristica politica del centrodestra era quella di indicare agli italiani il candidato alla presidenza del consiglio prima del voto. Se non si fosse in grado di definire questa scelta, ecco che il centrodestra, sarebbe una cosa molto diversa dal passato.
Le forze che invece hanno sostenuto Draghi sino in fondo, non si distinguono per le loro tradizioni più o meno prestigiose, parliamo in fondo di partiti nati da pochi anni, o dalle diversità ideali che esprimono. Si distinguono invece proprio per aver difeso l’attuale governo, indipendentemente dalla formula, per le qualità dimostrate dal presidente del Consiglio prima e poi nell’esercizio delle sue funzioni. Erano fra l’altro convinti che Mario Draghi sarebbe dovuto restare in carica fino al compimento naturale della legislatura sperando che allora il paese fosse stato posto in sicurezza, perché appunto si sapeva che Draghi avrebbe fatto tutto quello che era necessario per riuscirvi.
Questi partiti avrebbero dunque a disposizione una ragione e una proposta solida da portare in campagna elettorale e cioè la ripresa dell’Italia e la conferma di Draghi alla presidenza del consiglio. Una carta vincente rispetto alla solita rissa che già fin dalle prime battute di questa estate sta prendendo piede. Si vota fra due mesi e chi vuole davvero vincere le elezioni dovrebbe avere davanti a sé una strada obbligata. Si mantenga Draghi alla guida del timone.
Foto uroburos | CC0