Per Cateno De Luca, leader di “Sud chiama Nord”, l’equità territoriale non è sono un tema della sua agenda programmatica, bensì è il tema principale della sua azione politica. Perché in tale battaglia non convergono solo la volontà di conciliare il “municipalismo” sturziano e la necessità di colmare il profondo divario tra Sud e Centro Nord per risolvere i temi del paese, ma soprattutto poiché sotto la bandiera dell’equità territoriale De Luca, vuole proporre una visione dello stato che non gestisce esternamente i territori, mortificandoli, ma di cui è invece la massima incarnazione. Seguendo questa battaglia De Luca, si prepara per un confronto a livello nazionale ed europeo, attirando e federando, movimenti, partiti e forze civiche per cercare di portare nelle istituzioni europee la voce di chi si sente esterno alle forze politiche convenzionali e cerca un nuovo spazio nel dibattito politico attuale, per costruire un Europa dei territori capace di far convergere le istanze locali con l’interesse comunitario. Per conoscere meglio le idee e la bussola politica di Cateno De Luca lo abbiamo intervistato per la rubrica “Visti da vicino” de La voce Repubblicana.
-De Luca, che bilancio trae dall’assemblea costituente di “Sud chiama Nord” del 3 e 4 marzo?
Un bilancio ovviamente positivo, perché siamo riusciti a lanciare una strategia che riguarda una federazione di movimenti civici e partiti nazionali che si sono ritrovati sul tema dell’equità territoriale come principio di coesione e condivisione, attraverso un approccio pragmatico e non ideologico per i risolvere i problemi del Paese ed andare oltre le iperboli del sistema politico attuale. Un progetto, quello proposto durante l’assemblea costituente del nostro movimento, che trova sul tema dell’equità territoriale un punto d’incontro fondamentale per cercare di colmare il divario sociale ed economico tra il Sud e il Nord del Paese e contrastare i tentativi di ampliare tale divario incarnati dall’autonomia differenziata. Questo è ovviamente un punto di partenza che apre una fase costituente che si chiuderà ad ottobre prossimo per cercare di tradurre in termini operativi i risultati e gli esiti dell’assemblea costituente al fine di avviare una strategia condivisa per trasformare “Sud chiama Nord” in una struttura confederale e nazionale capace di portare la voce dei territori nel dibattito nazionale.
-Quale alternativa esiste, secondo lei, all’autonomia differenziata e alla vecchia impostazione centralista?
Noi riscontriamo un primo elemento di cui non parla nessuno, ovvero che il nostro Paese è caratterizzato da una impostazione centralista che, dal tema delle pensioni alla riduzione del debito pubblico, non è riuscita a risolvere i problemi dell’Italia, ma anzi ne ha aggravato le criticità confermando una gestione inadatta ad affrontare le sfide del presente. Dall’altro lato, invece, la strada non può essere “l’autonomia differenziata”, che rischia di creare divergenze ed asimmetrie irreversibili che non solo cristallizzano la spesa storica, ma creano un ulteriore divario tra i territori e le regioni italiane e che rischia di spaccare il paese, non risolvendone i problemi ma assecondandone le problematiche. La via è quindi molto semplice. Bisogna stimolare ed attuare politiche di decentramento, semplificare la gestione dello stato, puntare ad una maggiore centralità delle municipalità nella gestione della cosa pubblica. Il nostro stato costa troppo ed è poco competitivo, va riformato e la strada è quella di partire dai territori, dal decentramento.
-Dopo un percorso nelle amministrazioni locali da Fiumedinisi a Messina fino alla candidatura nelle regionali. Che esperienza ha tratto dalla sua attività di amministratore locale e cosa le ha insegnato tale percorso?
Mi ha insegnato una visione della politica capace di osare e trasformare gli elementi distintivi ed identitari del territori in elementi trainanti dello sviluppo locale. Il prerequisito di tale idea politica è il funzionamento del palazzo municipale. Rispetto al Palazzo municipale bisogna cercare di attuare una posizione di responsabilità e di impegno per governare il cambiamento. L’amministratore deve riuscire, infatti, ad allineare la gestione del palazzo municipale verso i fini della comunità. Dove sono stato amministratore, ad esempio, ho sempre cercato di mantenere tale bussola non cercando di personalizzare questa gestione, ma pensando sempre ad un oltre “De Luca”, indicando sempre dei successori capaci di interpretare e proseguire tale progetto di valorizzazione del territorio e che non a caso sono sempre stati premiati e confermati.
-Mi dica tre parole per descriversi?
Irriverente, perseverante ed impertinente.
-Che bussola seguirà Sud chiama Nord per le europee?
Noi puntiamo a valorizzare le iniziative locali e civiche profondamente radicate nel territorio e che purtroppo non trovano una rappresentanza nei contesti nazionali ed europei. Le cui istanze, quindi, non rimangono solo inespresse, ma vengono intercettate da forze antagoniste e in alcuni casi avverse al territorio. La nostra iniziativa è quindi quella di valorizzare e rappresentare queste energie politiche tramite una piattaforma comune capace di riportare la cittadinanza al voto e di cercare di portare la voce dei territori nelle istituzioni europee. Un progetto di mobilitazione dei territori che abbiamo cercato di portare avanti, e ci siamo riusciti, alle elezioni per il parlamento siciliano e a quelle nazionali e che cercheremo di portare avanti anche alle elezioni Europee. Per quelli che sono invece i partiti nazionali che non si riconoscono nelle coalizioni e forze convenzionali, invece, cerchiamo di proporre un progetto capace di portare quelle istanze di governo e quelle battaglie ideali in un contesto comune capace di creare una vera alternativa politica alla politica dell’iperbole in cui siamo immersi.
-Quale sarebbe il disegno per l’Europa di “Sud Chiama Nord”?
Quello di creare una “Europa dei territori”, capace di valorizzare e armonizzare le identità dei popoli europei, cercando di contrastare sia il centralismo nazionale che quello sovranazionale europeo. Credo sia, quindi, fondamentale tradurre in termini “europeisti” e comuni alcune politiche ed ambiti che devono essere affrontati insieme: la difesa europea; la gestione dei flussi migratori; le nuove sfide dell’innovazione. Ristabilendo però il ruolo degli stati e dei territori rispetto ad alcuni interventi invasivi di stampo centralista, per cercare di fare convergere l’interesse nazionale con quello comunitario.
-Quali sono i suoi riferimenti culturali? Chi c’è nel Pantheon di Cateno De Luca?
Io mi sono sempre definito uno sturziano. Don Luigi Sturzo quindi è stato un punto di riferimento e la cui visione dei corpi intermedi, delle municipalità, non centralista non è stata solo la mia visione di fondo ma anche la prassi che ho cercato di portare in ogni mia esperienza politica. Per questo non mi piace questa impostazione dell’Italia centralista e invasiva, poiché mortifica il territorio e ne impedisce le potenzialità. A livello politico Alcide De Gasperi, per il senso dello Stato e delle istituzioni, mentre a livello umano San Francesco, per la sua umiltà e semplicità.
foto di Pippo Campagna