Quando il presidente Abraham Lincoln fece approvare dal Congresso la legge abolizionista, la Virginia ed altri dieci Stati del sud dove Lincoln non aveva ottenuto nemmeno un voto che fosse uno, si appellarono alla Costituzione reclamando la loro indipendenza. La Virginia grazie allo schiavismo e al commercio con l’industria tessile inglese in espansone, cresceva più di quanto la Cina ai giorni di oggi. Gli altri dieci Stati, che le andarono dietro, contavano di imitarla. Nacque una Confederazione pronta a resistere ai soprusi del centralismo governativo unionista. Ci sarebbe da dire che Trump, aumentando i dazi, ha già superato Lincoln. Dopo la California, Stato persino più ricco della Virginia di allora, sono ben undici gli Stati che si oppongono alla politica presidenziale. Fortuna che l’America ha sviluppato un’arte giuridica di prim’ordine. Questa dovrebbe rivelarsi sufficiente a risolvere un simile contenzioso con il governo nazionale nei tribunali. Anche se non si sa mai.
Il ricorso all’International Emergency Economic Powers Act fatto dalla California e soci, non va comunque preso sotto gamba. Denuncia “una minaccia straordinaria e insolita”, per cui il presidente avrebbe “sovvertito l’ordine costituzionale” e “portato il caos nell’economia americana”. Più o meno gli stessi argomenti con cui Jefferson Davis, presidente democratico della Confederazione degli Stati del Sud, accusava i provvedimenti del repubblicano Lincoln. Lincoln era fuori dalla Costituzione, certo e pure si appoggiava su un’idea di progresso mondiale della nazione. L’America si sarebbe emancipata dalla schiavitù che i paesi europei ancora perpetravano nei regimi coloniali. La bandiera agitata era potentissima, tale da convincere centinaia di migliaia di americani a prendere le armi volontariamente. Mai le corti di giustizia interpellate dessero ragione agli Stati che contestano Trump, come la diedero a coloro che impugnavano le leggi di Lincoln, cosa fa Trump? Potrebbe piegare la nuova ribellione? Un conto è combattere per la libertà dei neri, un altro, per quella dei dazi.
Lincoln potette contare sulla coesione degli Stati che lo sostenevano, la California ebbe giusto una frattura irrilevante al suo interno e nella zona più povera. Trump ha appena incontrato i giganti della grande distribuzione che gli hanno detto che la sua politica commerciale nel giro di poche settimane farebbe aumentare i prezzi alle stelle. La catena di distribuzione verrebbe interrotta, gli scaffali si svuoterebbero. Anche se Trump continua ad essere sicuro che i prezzi della benzina e dei prodotti alimentari sono molto scesi, questo successo sarebbe sufficiente a convincere la popolazione a combattere per i dazi contro coloro che li rifiutano? Con quale autorità Trump sarebbe in grado di far rispettare le sue decisioni a degli stati federali che gli si oppongono? Una domanda che alla Casa Bianca dovrebbero iniziare a porsi, quando Lincoln le aveva già risposto. Lincoln ricorse all’esercito, sapendo di aver modo di motivarlo. I sondaggi fotografano uno scontento nei consumatori americani, che se mai Trump volesse scendere in guerra contro i suoi ribelli, rischierebbe una sconfitta militare clamorosa
Non per caso la Cina in questi frangenti si sente in una botte di ferro. Il suo governo si è già espresso perché l’America “cancelli completamente tutte le misure unilaterali prese”. Tanta ostentata tranquillità si capisce perfettamente. L’abuso dei dazi da parte degli Stati Uniti viola i principi fondamentali dell’economia e del mercato, esattamente come la schiavitù, violava quelli della morale e di umanità. Si consuma il dramma della presidenza Trump, prima ancora dei cento giorni. Trovarsi nelle stesse condizioni incostituzionali dell’Unione e al tempo stesso dalla parte dei privilegi confederati. La mattina si guarda allo specchio e vede un Lincoln a rovescio.
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