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Un po’ troppa confusione sul caso Ellsberg

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
17 Giugno 2023
in L'editoriale
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C’è un po’ di confusione sulla stampa nazionale per la morte dell’analista militare Daniel Ellsberg tornato recentemente all’onore delle cronache per aver rivelato i documenti del Pentagono sull’attacco nucleare alla Cina del 1958. Molti nel 2021 nemmeno se ne saranno accorti, perché non c’è stato nessun attacco nucleare alla Cina, mentre il compito dell’intelligence statunitense era già di pensarle tutte. Ellsberg è invece stato famosissimo per le carte sulla presenza americana in Vietnam dal 1945, cioè durante la dominazione francese conclusasi con la sconfitta di Dien Ben Phu nel 1954,al 1967. Questa imponente documentazione è stata però rivelata solo nel 1971 e negli anni a seguire, causando una specie di disinformazio sulla guerra, visto che erano passati altri 4 anni in cui la linea di condotta americana era completamente cambiata, tatticamente e strategicamente, proprio sulla base degli errori commessi in precedenza. Premesso che le responsabilità dei francesi dal 1945 al ’54 erano attribuibili ai soli francesi e che la presenza militare statunitense ha iniziato ad avere un certo peso solo dal 1961 in avanti, Ellsberg mise sotto la lente di ingrandimento la gestione dei primi sei anni del conflitto, rivelando comportamenti e linee di condotta che erano oramai evidenti agli stessi vertici statunitensi politici e militari, McNamara segretario alla Difesa ininterrottamente dal ’61 al ’67 non era un generale, era un banchiere. Assunto da McNamara e licenziato da Nixon, Ellsberg fu l’unico a rivelare pubblicamente i documenti in suo possesso, quando la guerra era entrata in una fase completamente diversa, contribuendo a creare l’impressione che si fosse invece ancora nella spirale degli anni precedenti.

Senza voler esprimere nessun giudizio su un analista del Pentagono che rivela al pubblico le fonti riservate su cui lavora mentre il suo paese si trova ancora impegnato in una guerra, Ellsberg non era un giornalista era un dipendente dell’amministrazione statunitense, di certo tale gesto ha contribuito a creare una sorta di schermo sull’evoluzione della guerra stessa. L’amministrazione Nixon non voleva nascondere gli errori commessi sul piano tattico e strategico dalle amministrazioni precedenti, semplicemente si preoccupava di correggerli, soprattutto dopo l’offensiva del Tet , 1968, che rendeva evidente a qualsiasi sprovveduto quello che Ellsberg avrebbe rivelato tre anni dopo.

L’effetto sull’opinione pubblica di documenti che riguardavano il periodo ’61, ’67 , ossia una gestione degli affar imilitari nei primi anni ’70 da veri incompetenti, creò l’impressione che si stesse perdendo una guerra quando invece la si stava vincendo. Nel giro di soli tre anni il Vietnam del Nord venne messo nelle condizioni di dover firmare gli accordi di Parigi. Poi servirebbe una certa prudenza, lo scriviamo per quanto letto su il Corriere della Sera a proposito del Watergate. L’argomento è piuttosto delicato, perché è possibilissimo, come si legge nell’articolo del collega Marinelli, che gli idraulici della Casa Bianca volessero tamponare eventuali casi come quello Ellsberg, ovvero di un funzionario o un collaboratore governativo che trasmette informazioni sensibili alla pubblica opinione. E anche se qui bisognerebbe distinguere i doveri dell’informazione da quelli di riservatezza del governo, il Watergate è un fenomeno sicuramente molto più complesso ed ancora mai completamente chiarito che riguarda aspetti della stessa personalità del presidente Nixon, piuttosto che la necessità di controllare le informazioni riservate ai soli membri del governo. E furono purtroppo i danni causati dal Watergate a compromettere la vittoria americana in Vietnam, non gli errori commessi dal segretario McNamara durante la sua lunga e incompetente gestione.

cco

Tags: EllsbergMarinelli
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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