Il progetto dir riforma costituzionale elaborato dal ministro Calderoli per la coalizione di centrodestra alla fine del 2004, nonostante le aperture fatte nei confronti dell’opposizione, non avrebbe avuto nemmeno i voti di alcuni esponenti del governo e della maggioranza. Il ministro delle Riforme non si scompose, tanto da dire, allora come oggi, che sarebbe stata sostenuta dal popolo al referendum. Ammesso anche che questa volta il ministro l’azzeccasse, non ci si rende conto di cosa significa una Costituzione nata sulla base di un’intesa costituente fra le principali forze del paese, rispetto ad una ottenuta con la maggioranza numerica, magari risicata, del voto popolare. Appena le forze oggi all’opposizione ottenessero la maggioranza parlamentare, subito riaprirebbero la questione costituzionale, il che francamente non è quello che si chiama rendere un servizio al paese, trascinare la necessità di revisione per un altro decennio. Non è un caso se oggi su il Corriere della Sera il professor Panebianco scrive che a meno tu non sia Charles De Gaulle e con tutto il rispetto l’onorevole Meloni non lo è, non puoi imporre al paese un progetto di riforma senza il consenso dell’opposizione. Aggiungiamo, per precisione, non di una parte residuale dell’opposizione, che magari sogna il salto della quaglia, ma proprio il primo partito numerico di questa, ovvero il Pd. In termini più chiari senza un accordo sula riforma fra i due principali partiti parlamentari dei due campi avversi, non c’è nessuna riforma costituzionale che tenga ed è del tutto evidente che rispetto al tentativo del centrodestra precedente, l’attuale maggioranza non ha nemmeno memoria di quanto fu fatto allora. Bisogna anche a dire ad onor del vero che neanche al Partito democratico hanno idee chiarissime, perché il prImo progetto di riforma che intaccava profondamente il ruolo del Capo dello Stato era firmato da loro. Se non ci credono, ne parlino con il senatore professor Ceccanti, estensore del testo piddino presentato allora.
Si dovessero riferire le prime impressioni su tutta questa materia, sembrerebbe che nemmeno il governo sia poi davvero convinto di quello che sta facendo. Il presidente del Consiglio ha subito detto che non intende legare il suo destino politico alla riforma, il che non è quello che si dice un particolare incoraggiamento, nel senso che poi in campagna referendaria, manderà avanti il ministro Casellati al suo posto, essendo ella impegnata nel conversare con i leader africani e presunti tali. In altre parole, se la richiesta di rafforzamento dei poteri del presidente del Consiglio viene sostenuta da un semplice ministro, perché mai gli italiani dovrebbero concedere più poteri al presidente del Consiglio? Semmai si aumentino quelli del ministro. Non meglio ha fatto Tajani annunciando che la riforma serve a dare maggiore autorevolezza al governo. instillando con questa frase l’idea che. se il problema è quello dell’autorevolezza, non c’è necessariamente bisogno della riforma, in quanto magari potrebbero bastare le sue dimissioni da ministro.
Avremo comunque sicuramente modo di affrontare meglio il tema nel momento in cui effettivamente il governo presenterà un qualche testo scritto alle Camere, perché la caratteristica di questo governo è stata finora di fare roboanti annunci per poi correggerli, per cui se è perfettamente lecito voler cambiare la Costituzione per eleggere direttamente il capo del governo, bisogna ancora capire se poi davvero nel caso questo presidente eletto direttamente si mostrasse inadeguato nel giro di un anno perdendo il consenso popolare, bisognerebbe tenerselo comunque per legge altri cinque. Possibile che tante sciocchezze spariscano rapidamente e sarebbe meglio, anche perché con due crisi internazionali aperte, e una situazione economica che non è certo rosea come il governo vorrebbe far credere, gingillarsi sulla Costituzione repubblicana è poco edificante, oltre che completamente sconsiderato,
Domaine de Vizille, Musée de la Révolution Française