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Addormentarsi a Roma, risvegliarsi a Berlino

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
28 Luglio 2023
in L'editoriale
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Mai gli italiani decidessero di prendere a modello la Germania come riferimento politico economico da offrire al paese, sarebbe sicuramente un’ottima cosa. Intanto la massima originalità di governo sarebbero i verdi, che in Germania sono pure atlantisti, mica come Bonelli, e poi avremmo partiti con nomi civilizzati come popolari, socialisti, liberali, non Forza Italia o movimento 5 stelle. Avremmo già anche il salario minimo che è stato introdotto dopo l’unificazione nel 2015 dal governo di Grosse Koalition guidato da Angela Merkel. Alla base di quella scelta vi è il percorso di riforme compiuto dal governo socialdemocratico 15 anni prima che ha consentito la modernizzazione del paese, poi vi è l’osmosi tra il principale sindacato, la DGB ed il partito socialdemocratico che è una forza di governo dagli anni ’70 del secolo scorso. Il partito comunista in Germania c’era solo nell’est ed è finito sotto le macerie del muro di Berlino e nessuno con sale sulla zucca ha mai pensato di rifondarlo. Al limite hanno creato Die Linke, che oramai è una forza marginale inferiore al 5 per cento. La storia della sinistra tedesca è quella socialdemocratica che oppostasi al leninismo già con Kautsky e Bernstein, nel 1949 ha buttato alle ortiche anche il marxismo e ogni possibile superamento del sistema capitalista. In Italia le cose andavano un po’ diversamente. Pietro Ingrao presidente della Camera quando Willy Brandt era cancelliere a Bonn, commentava i successi economici tedeschi dicendo che quelli ci avevano i turchi a lavorare nelle fabbriche della Germania. Ed in effetti i turchi che si stabilirono ed iniziarono a lavorare in Germania in condizioni di estrema povertà raccontano una formidabile storia di riscatto sociale, di integrazione e di ricchezza non solo per la Germania, ma anche per la stessa Turchia. Poi in Germania la disoccupazione è sempre stata bassissima, meno della metà di quella italiana ed i disoccupati dispongono di un sussidio, per cui una volta fissato il salario minimo è difficile poter ricorrere a una mano d’opera in nero, perché manca la disponibilità. Anche l’evasione in Italia è più alta di quella tedesca e quindi preesiste un sistema consolidato al raggiro della legge, infine abbiamo una differenza più pronunciata del costo della vita a secondo delle condizioni locali. Se nove euro a Milano restano comunque pochi a Napoli potrebbero essere più accettabili, a Crotone sono un discreto salario, quando tra i prezzi di Berlino e Monaco di Baviera cambia poco o niente, a Berlino costano più i trasporti che gli affitti e l’affitto è il principale problema del lavoratore.

Da notare che il salario minimo in Germania viene costantemente aumentato più o meno ogni due anni, nonostante i tedeschi abbiano la fissa per tenere l’inflazione sotto controllo. Con il debito pubblico che si ritrova l’Italia il rischio è che fissato il salario minimo, tempo sei mesi se lo mangi l’inflazione completamente e quindi si debba ricominciare daccapo o magari reintrodurre la scala mobile. Se poi al sindacato italiano che ha caratteristiche molto diverse da quello tedesco tutto questo va bene, perché no, il salario minimo servirebbe ad eludere contrasti interni all’azienda che possono aprirsi durante la contrattazione salariale. Il salario minimo è utile alla pacificazione sociale, lo mise in pratica il governo Ciampi con la concertazione, tanto che il segretario della Cgil Bruno Trentin, si dimise. Piuttosto bisognerebbe notare due cose. La prima è che la proposta di salario minimo dell’opposizione è inferiore al salario minimo del contratto nazionale che copre l’85 per cento dei lavoratori. La seconda è che comunque ci sono delle imprese che nel mezzogiorno, ma sicuramente non solo, pagando salari a sei euro, a nove o si ridefiniscono o chiuderanno. Se non c’è dubbio alcuno che vi siano elementi pirateschi nelle imprese che vessano e ingannano i lavoratori, fa parte degli animal spirits del capitalismo, ci sono anche imprese che con i costi non ce la fanno. In questo caso, più che all’onorevole Alemanno, corporativista da quando aveva i pantaloni corti, ha sempre sostenuto il salario minimo, bisogna guardare al professor Cottarelli il quale è anche favorevole al salario minimo, purché sia compatibile con le disponibilità di cassa. Questione che pure nessuno si preoccupa mai di affrontare quando propone grandi investimenti, la spesa pubblica. E pure non esiste denaro pubblico, esiste solo un denaro privato utilizzato bene dallo Stato, o utilizzato male. Il dirigismo italiano, che tanto piace a Conte, alla Schlein e magari scopriremo anche alla Meloni, in genere questo denaro privato, lo utilizza male.

Foto CC0

Tags: AlemannoCottarelli
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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